Cerimonia di proclamazione al Conservatorio “Tomadini” di Udine

Gio Batta Morassi dottore honoris causa in Discipline della musica, dello spettacolo e del cinema

Maestro liutaio carnico noto in tutto il mondo come costruttore e restauratore di strumenti ad arco e studioso del legno di risonanza per la fabbricazione degli strumenti musicali

“Artigiano e studioso di fama internazionale sia per le ricerche dendrologiche sulla costruzione e la manutenzione degli strumenti musicali, che per gli ampi contributi nei campi della conservazione e del restauro”. Con questa motivazioni l’Università di Udine ha conferito oggi al carnico Giovanni Battista (Gio Batta) Morassi, maestro indiscusso della liuteria, la nobile arte cui ha dedicato tutta la vita, la laurea magistrale honoris causa in Discipline della musica, dello spettacolo e del cinema. La cerimonia di proclamazione, presieduta dal rettore Alberto Felice De Toni, si è svolta al Conservatorio statale di musica “Jacopo Tomadini” di Udine (via Treppo 4).

De Toni, ha evidenziato come «la complessa attività di liutaio di Morassi consente di ritenere la liuteria, a buon diritto, un “bene culturale”, segno di un cultura sedimentatasi nei secoli con caratteri specifici in Europa e di grande tradizione in Italia, e in Friuli in particolare». In più, ha sottolineato il rettore, «non va dimenticata la stretta relazione fra il “saper fare liutario” del maestro e le sue ben conosciute foreste tarvisiane, che ancor oggi spesso frequenta alla ricerca dei preziosi abeti di risonanza, personalmente armato di motosega e zappino». Un aspetto «di grande merito che fortemente qualifica il suo operato» ha aggiunto il rettore, «è la costruzione di strumenti barocchi, totalmente desueti e di cui ormai si erano perse quasi le tracce». Oggi, ha evidenziato De Toni «è scontato avere la disponibilità di strumenti che riprendono forma, montatura e timbro degli strumenti del XVII secolo. A Morassi va riconosciuto il merito di avere reso possibile, sin dalla fine degli anni ‘60, questa operazione culturale di grande valore artistico».

La presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha fatto pervenire un messaggio, letto del rettore, in cui esprime il suo «personale plauso per la significativa assegnazione, frutto di impegno e di passione».

“Valorizzazione” è stato il concetto chiave, applicato all’attività svolta da Morassi, dell’intervento di Neil Harris, direttore del dipartimento di Storia e tutela dei beni culturali, che ha proposto il conferimento del titolo assieme ai dipartimenti di Scienze agrarie e ambientali e Scienze umane. Harris ha parlato della valorizzazione fatta da Morassi del legno delle foreste tarvisiane a quella massimamente virtuosa degli strumenti musicali realizzati e noti in tutto il mondo. Valorizzazione che comprende le molte istituzioni, di tutti i tipi, del territorio, legate all’attività del mastro. Come, ad esempio, la Camera di commercio di Udine – che con una sua borsa di studio consentì, nei primi anni ’50, all’allora giovanissimo liutaio di andare a Cremona a perfezionarsi – e il Conservatorio “Tomadini”, co-organizzatore della cerimonia.

La laudatio, svolta da Giorgio Alberti e Roberto Calabretto, aveva come titolo “La liuteria: arte nobile e preziosa che tramuta l’anima della foresta in suono. In onore di Gio Batta Morassi”. Il connubio tra «gestione forestale e musica» è il fil rouge seguito nel suo intervento da Alberti, docente di assestamento forestale e selvicoltura. Alberti ha parlato di boschi, liutai, strumenti e musica, in una originale sintesi interdisciplinare. «L’attività di Morassi – ha spiegato Alberti –, oltre che dare lustro all’antica arte liutaria italiana attraverso la costruzione di strumenti musicali unici nelle loro caratteristiche sonore e la conservazione di patrimoni di notevole interesse storico-culturale, ha rappresentato un importante elemento di unione tra la gestione sostenibile delle foreste e la valorizzazione degli aspetti culturali relativi al bosco». Infatti, ha sottolineato il professore, «attraverso la sua attività professionale e di divulgazione, il maestro è riuscito a valorizzare gli aspetti relativi alla coltivazione del legno di risonanza dei boschi alpini, soprattutto friulani come la millenaria foresta di Tarvisio». Alla fine però, ha detto Alberti, «è sicuramente altrettanto, se non più importante, l’arte e la capacità del maestro liutaio». Attraverso la liuteria, ha detto Alberti citando un forestale del passato, “la fibra dell’acero e dell’abete si tramuta in armonia celeste e l’anima della foresta si tramuta in suono”». In questo modo, ha concluso, «il legno, prodotto dai nostri boschi e risultato della coltivazione da parte di generazioni di forestali, resta immortale e rivive nella musica generata dagli strumenti costruiti con pazienza, perizia e passione dai maestri liutai».

Calabretto, nella seconda parte della laudatio, ha evidenziato fin da subito l’inscindibile legame di Morassi con la sua terra natale definendolo «uno degli ultimi rappresentanti della tradizione della liuteria friulana» che risale al XVII secolo. Una tradizione caratterizzata da una «una ricchissima ‘liuteria popolare’», in particolare in Carnia e in val di Resia. In questo contesto Calabretto, docente di musicologia e storia della musica e coordinatore del corso di laurea magistrale in Discipline della musica, dello spettacolo e del cinema, ha ripercorso la ricca e prestigiosa carriera del maestro liutaio carnico. A partire dall’amato ruolo di insegnante alla Scuola internazionale di liuteria di Cremona. Città simbolo di quest’antica arte, dov’era approdato nei primi anni ’50 grazie a una borsa di studio della Camera di commercio di Udine. Il suo «nobile artigianato» ha prodotto strumenti che, ha sottolineato Calabretto, «sono stati premiati nei più prestigiosi concorsi nazionali ed internazionali conseguendo ben dieci medaglie d’oro e innumerevoli diplomi d’onore». Ma cosa resta dell’opera di Morassi nella vita musicale del nostro presente, con l’introduzione delle tecnologie elettroniche sia per la progettazione degli strumenti che per l’ascolto musicale? Per Calabretto l’intervento del liutaio continua ad essere di «rilevante importanza, fondamentale forse». Perché, ha spiegato, l’esperienza compositiva contemporanea, necessita «di continue forme d’intervento sugli strumenti tradizionali, spesso creati ex novo oppure nati da rimaneggiamenti di copie preesistenti». Ancora una volta «modernità e tradizione interagiscono dialetticamente» ha detto Calabretto. «È di conforto il poter pensare alla sopravvivenza di questo nobilissimo artigianato – ha concluso –, con le sue botteghe e i suoi maestri, che mantiene un rapporto diretto con la musica, i suoi strumenti e i materiali da cui prendono forma».

Terminata la laudatio il rettore, lette le motivazioni, ha proclamato Morassi dottore honoris causa. Il maestro ha quindi tenuto la sua lectio intitolata “Il saper fare liutario: dalla conoscenza del legno alla tradizione dello strumento musicale”. È dalla conoscenza del legno, la materia prima del liutaio, e delle foreste del Tarvisiano, che è partito Morassi per narrare il suo «amore per l’arte liutaria». Un’arte di cui ha definito le competenze tecniche e scientifiche, compiendo un excursus approfondito sulla liuteria friulana e cremonese, la patria di Stradivari. La terra in cui per oltre 60 anni ha esercitato e sviluppato tutte le sue abilità internazionalmente riconosciute, in cui ha forgiato la sua creatività nella costruzione, nel restauro e nella preservazione degli strumenti. Infine, la riflessione sul rapporto tra «cultura materiale e cultura immateriale». La liuteria, ha detto Morassi, «è un bene culturale che attesta come le arti interagiscano fra loro». Essa, ha spiegato il maestro, ha un percorso che «s’intreccia con altre arti, prima fra tutte la musica; con saperi, primo fra questi la conoscenza del legno, poi si confronta con se stessa e s’impone come bene che testimonia l’inventiva dell’uomo nel realizzare lo strumento. Forse è più corretto parlare del “patrimonio” liutario come bene da ereditarsi in quanto memoria attiva. Fra cultura materiale e cultura immateriale la liuteria s’impone come “saper fare” che dal legno ricava il suono».

La cerimonia si è conclusa con un concerto per violino e pianoforte con Aleš e Ilario Lavrenčič introdotto dall’intervento del direttore del Conservatorio “Tomadini”, Paolo Pellarin. Il violino utilizzato nell’esecuzione era uno pezzi unici realizzati dal maestro, da oggi dottore honoris causa in Discipline della musica, dello spettacolo e del cinema dell’ateneo friulano.

Gio Batta Morassi, tuttora attivo alla Scuola internazionale di liuteria “Antonio Stradivari” di Cremona, è nato ad Arta Terme nel 1934 e cresciuto a Camporosso, dove ha ancora forti legami. Secondogenito di una famiglia numerosa, all’inizio degli anni ‘50 una borsa di studio della Camera di commercio di Udine lo portò a Cremona a studiare l'arte della liuteria, campo in cui è diventato il sommo maestro riconosciuto a livello artigianale. Morassi ha ricevuto numerosi riconoscimenti in Italia ed all’estero per la sua pluridecennale attività e ha preso parte a giurie di concorsi nazionali ed internazionali. Tra i numerosi riconoscimenti si segnalano la nomina a Cavaliere al merito della Repubblica Italiana (1988), il conferimento della Croce d’oro al merito del Presidente della Repubblica Ungherese (1997) e la partecipazione alla giuria del Concorso internazionale di liuteria “P.J. Tchaikovsky” di Mosca (2007). Ha inoltre fondato l'Associazione liutaria italiana, la Cooperativa editoriale liutaria e si è occupato della formazione di giovani liutai italiani e stranieri. Ha collaborato a molte riviste specialistiche, partecipato a rassegne, mostre, mercati nazionali e internazionali e ha tenuto conferenze e seminari in Europa, Stati Uniti, Giappone, Cina, Taiwan, Corea del sud e Messico.

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