Tarrach, gli atenei europei tra i migliori ma sottofinanziati
Intervista al presidente dell'Associazione Europea Universitaria
Professore di Fisica all'Università del Lussemburgo ed ex rettore della stessa per dieci anni, Rolf Tarrach è il presidente dell'Associazione Europea Universitaria, organizzazione che rappresenta gli interessi delle università in Europa, con 850 membri in 47 Paesi.
La sua associazione vuole essere la voce globale delle università europee, come valuta l'istruzione superiore nel Continente?
È il sistema di istruzione superiore più diversificato al mondo, in cui regge ancora l'ideale humboldtiano della comunione tra insegnamento-apprendimento da un lato e ricerca dall'altro e in cui, se si misura il rapporto tra risultati e risorse, cioè l'efficienza, si trovano molte delle migliori università del mondo. Ma è anche giusto dire che la dispersione nella qualità delle università europee è eccessiva e che molte università europee sono chiaramente sottofinanziate. In poche parole, potremmo fare di meglio, ma non molto, senza ulteriori finanziamenti.
Quali problemi state affrontando qui a Bruxelles?
La Brexit e le sue conseguenze per il mondo accademico, la revisione intermedia di Horizon2020 e il lavoro preparatorio per il prossimo programma quadro FP9 sono le tre questioni più importanti che discutiamo ora con le istituzioni europee. Nel primo chiediamo loro di raggiungere un rapido accordo in modo che la collaborazione con i nostri colleghi britannici prosegua senza ostacoli. Questo è ciò che vogliamo e ciò che anche i nostri colleghi britannici vogliono. Inoltre, senza risolvere il problema della Brexit sarà difficile ottenere risultati concreti sul FP9. Cerchiamo di convincerli che le università sono un attore essenziale per risolvere i numerosi problemi che affrontiamo e che per poter fruire del loro potenziale ancora inutilizzato è necessaria una maggiore flessibilità, minore burocrazia, maggiore fiducia in noi stessi e maggiori fondi.
Come si immagina le università del futuro?
Avremo una diversità ancora maggiore di istituzioni accademiche. Le migliori, spesso quelle più costose, continueranno a privilegiare l'esperienza di apprendimento frontale, che sarà molto più interattiva. Diventeranno più comuni forme di insegnamento misto, così come un apprendimento esclusivamente online. Anche la ricerca cambierà, come cambiano le tecnologie. Le sfide principali continueranno ad essere trovare per ciascuna istituzione il profilo più ragionevole e adeguato, combattere l'immobilismo e convincere i professori che prima di tutto essi sono servitori della società e che quindi la società deve capire cosa deriva dal loro lavoro. Un sistema di istruzione superiore diversificato consentirà che alcune università si concentrino maggiormente sulla trasmissione delle conoscenze e delle competenze necessarie per il mercato del lavoro, mentre altre si concentreranno sulla generazione di nuove conoscenze e sulla promozione della creatività, cioè sulla ricerca e l'insegnamento, fornendo così la base per la creazione di nuovi lavori.
In che modo l'impulso di programmi come Erasmus ha cambiato il panorama delle università negli ultimi 30 anni?
Cosa pensi della legge ungherese che minaccia l'attività dell'Università dell'Europa Centrale?