I risultati della dodicesima campagna di scavo dell’ateneo di Udine

Siria: a Qatna scoperta una fonderia di 3500 anni fa

Morandi Bonacossi: «Rinvenimento unico nell’archeologia
della regione siro-palestinese»

Un’officina metallurgica per la lavorazione del bronzo e dell’argento della prima metà del II millennio a.C. è stata scoperta nel sito di Qatna, l’antica capitale siriana oggi Mishrifeh, dalla missione archeologica congiunta dell’università di Udine e della Direzione generale delle antichità e dei musei della Siria. Il ritrovamento permetterà di far luce sulle tecniche di produzione dei metalli, sull’origine delle materie prime e sulle reti commerciali che distribuivano il metallo nel Vicino Oriente antico. «Si tratta – spiega Daniele Morandi Bonacossi, co-direttore della missione con Michel Al-Maqdissi – di un rinvenimento unico nel suo genere nell’archeologia della regione siro-palestinese».
 
La dodicesima campagna di scavo degli archeologi dell’ateneo friulano a Qatna ha portato anche al ritrovamento di uno scarabeo egizio dell’inizio della seconda metà del II millennio a.C. con montatura in oro e cartiglio con la titolatura reale del faraone Amenhotep III. «Un ritrovamento di eccezionale importanza – sottolinea Morandi Bonacossi – che conferma gli stretti rapporti fra l’Egitto e l’antica città siriana che per molti secoli ha governato un vasto regno al centro delle vie carovaniere fra Oriente e Occidente». La missione ha inoltre completato la prima tranche dei lavori di restauro del grande palazzo Reale rendendo fruibili al pubblico 6000 metri quadrati di area archeologica.
 
La fonderia del Vicino Oriente
L’officina per la lavorazione del bronzo e dell’argento è stata scoperta nell’edificio pubblico più antico finora rinvenuto a Qatna, il palazzo Orientale (1800 – 1600 a.C.). Due fornaci, in particolare, hanno restituito molti indizi sulle modalità di fusione del metallo. Le analisi sui reperti rinvenuti saranno condotte in collaborazione con il Curt-Engelhorn-Zentrum für Archäometrie di Mannheim (Germania). I risultati potranno gettare nuova luce sulle tecniche di produzione, sull’origine delle materie prime e sulle reti mercantili che distribuivano il metallo nel Vicino Oriente antico della prima metà del II millennio a.C.. L’importanza del palazzo Orientale è stata confermata anche dal ritrovamento di numerose cretule d’argilla con impronte di sigilli utilizzati per chiudere contenitori e porte. «Alcune di queste sigillature – afferma il professor Morandi Bonacossi – si sono rivelate di eccezionale interesse per la presenza d’impronte di scarabei egizi databili alla XIII dinastia, elementi che sottolineano la lunga durata dei rapporti fra Qatna e il mondo egizio».
 
Lo scarabeo dedicato al faraone
“Signore dei due Paesi, Neb-Maat-Ra (il nome regale di Amenhotep III), amato di Amon, prescelto da Ra”. È la titolatura reale completa del faraone Amenhotep III, sovrano dell’Egitto dal 1390 al 1352 a.C., che compare nel cartiglio dello scarabeo con montatura in oro trovato durante lo scavo del palazzo della Città Bassa. «Questa scoperta – spiega Morandi Bonacossi – aggiunge rilevanti informazioni sui rapporti fra Qatna e l’Egitto nella seconda metà del II millennio a.C. e rafforza l’idea che il palazzo fosse sede di un importante componente della famiglia reale, forse lo stesso principe ereditario di Qatna». A sostegno di questa ipotesi vi sono i numerosi oggetti esotici e preziosi trovati i durante gli ultimi scavi. Sono infatti venuti alla luce doni diplomatici inviati dall’Egitto, oltre un migliaio d’intarsi in avorio usati probabilmente per decorare le pareti delle stanze del palazzo e tavolette scritte in caratteri cuneiformi. E ancora, vasi con raffinate decorazioni dipinte, prodotti sia in loco sia importati dalla vicina Cipro e dal più lontano mondo miceneo. Il palazzo della Città Bassa, costruito probabilmente nel corso del XV secolo a.C., è stato oggetto anche di sondaggi geoelettrici effettuati in collaborazione con l’Istituto di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste. Dai risultati emerge come la fabbrica palatina si estenda su un’area di circa 90 metri per lato. Di fatto si tratta del secondo edificio più grande finora noto a Qatna dopo il monumentale palazzo Reale.
 
Il restauro del palazzo Reale
La missione archeologica udinese, in collaborazione con quelle siriana e tedesca, ha inoltre completato la prima tranche dei restauri del grande palazzo Reale. I lavori hanno riguardato la parte orientale dell’edificio in vista dell’integrazione nel futuro parco archeologico di Qatna che comprenderà gli edifici sull’acropoli il cui scavo è stato già completato. Si tratta dei palazzi Reale, Meridionale, Orientale e, in futuro, del palazzo della Città Bassa. Nel palazzo Reale sono stati consolidati e restaurati più di 30 vani, fra i quali l’enorme sala dei banchetti e delle cerimonie. L’opera ha seguito un rigoroso metodo di conservazione e musealizzazione per rendere accessibile al turismo uno degli edifici più monumentali riportati alla luce nella Siria occidentale. Le fondamenta sono state coperte da mattoni crudi moderni intonacati per creare una protezione che garantisca la conservazione delle antiche strutture murarie, ma anche la reversibilità del restauro. In alcuni punti strategici, delle “finestre” rendono visibili le strutture antiche.

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