Le parole dei classici per restare uomini

Un magistrato, un medico, un poeta e un filologo a confronto sulla nostra idea di Humanitas

Sono in cammino i Classici Contro, il progetto dell'Università Ca' Foscari Venezia, ideato da Alberto Camerotto e Filippomaria Pontani, che mette in discussione i problemi del presente con gli occhi dei classici antichi.

Il tema di quest'anno è Anthropos, l’uomo come “misura di tutte le cose”, l’uomo come “la cosa più tremenda”, l’uomo come centro saliente di ogni pensiero e di ogni arte; ma anche l’uomo travolto dalla moira, dalle decisioni degli dèi, dalle proprie passioni. Esiste nella Grecia antica un’idea di “diritti inalienabili” dell’uomo, una nozione di giustizia che inerisca specificamente alla natura dell’uomo in opposizione ad altri esseri viventi e al vasto e molteplice mondo delle divinità? L’edizione 2019 dei Classici Contro, spaziando da Protagora a Seneca, da Sofocle a Lucrezio, parla di ciò che ancora oggi – in tempi di discriminazioni e di steccati – ci mette in difficoltà, ovvero la possibile definizione di una sostanza e di una qualità comune a tutti gli esseri umani.

La tappa di Cividale del Friuli sarà al Teatro Ristori sabato 4 maggio, alle ore 9.30. L'evento, aperto a tutti i cittadini, è realizzato in collaborazione tra l'Università Ca' Foscari Venezia, l'Università di Udine e di Trieste, il Liceo Paolo Diacono e il Comune di Cividale del Friuli.

Introduce, con una breve nota sull'idea dell'uomo nel mondo antico, Elena Fabbro per l'Università di Udine, mentre presentano e poi coordinano le azioni della mattinata Paola Panont  e Sandro Colussa del Liceo Paolo Diacono di Cividale del Friuli.

Apre gli interventi Lionella Manazzone, magistrato di Sorveglianza a Udine, per spiegare dall’illustrazione di un caso concreto quali sono le difficoltà e le prospettive nelle carceri. Per il problema delle funzioni della pena saranno esposti i principi che oggi guidano il trattamento dell’autore di reato. Sono diritti e doveri che servono a restare uomini: valgono per il carcerato, ma valgono anche per lo stato e per tutta la società.

Per gli uomini la ricerca della felicità è l'ambizione più alta, ma il confronto con la sofferenza è la quotidiana battaglia per la propria umanità. Per questo interviene, dalla prospettiva della resistenza di fronte alla malattia, l'oncologo veronese Roberto Magarotto, che attraverso un'esperienza speciale segue i malati dopo l'intervento per sostenere il rientro alla vita nel dramma della sofferenza. Con l'aiuto dei classici  a partire da Ippocrate sentiremo un vero e proprio decalogo, dal diritto del malato ad essere ascoltato e di essere informato alla qualità delle cure, dal diritto al consenso a quello della libera scelta. I temi sono impegnativi, fino al diritto a morire in ogni caso con dignità.

Su un piano ancora diverso affronta il tema della nostra umanità Luciano Cecchinel, che, come è stato definito dalla critica, è il più importante poeta dialettale in Italia di questi anni. Nello speciale rapporto con la creazione poetica, tra la riflessione introspettiva e la potenza del messaggio civile, e con le difficoltà della lingua che scompare di fronte alla globalizzazione, ci sa suggerire qualche dovere nel tempo della superficialità della comunicazione. La poesia, attraverso la più ardua e quotidiana ricerca linguistica, ci può aiutare oggi più che mai a capire che cosa significa humanitas di fronte a noi stessi e di fronte agli altri, ossia l'amore di quello che siamo, che è anche e soprattutto responsabilità, memoria e rispetto di noi e degli altri.

Infine, Alberto Camerotto ci presenta qualche dubbio e un problema tra i diritti e i doveri. Ci sono perfino nella giustizia eterna. Per capire qualcosa di quel che succede nell'Aldilà, da filologo racconterà sulla scena il caso di Sisifo e della sua pietra. Anche con gli inserti in greco per la voce di Giovanni Paladini (Aletheia Ca' Foscari). Conosciamo tutti la pena che Sisifo paga per sempre tra i dannati antichi, è diventata perfino proverbiale, ma ci siamo dimenticati della sua colpa. Allora forse la fatica eterna di questo eroe della sophia, della sapienza dei mortali, può diventare il suo orgoglio, il suo diritto e dovere di resistere per restare uomo. Ce l'aveva suggerito già Albert Camus. Può forse diventare, allora, un buon esempio per tutti. Anche contro lo strapotere e l'immortalità degli dei. Ma soprattutto contro la menzogna, la violenza e l'arroganza degli uomini che si credono dei.

Da queste riflessioni si comprende come gli antichi possano darci una immagine ampia e lungimirante del concetto di anthropos, fino a poter dire «humani nihil a me alienum puto», cioè nulla di ciò che è umano mi è estraneo. Ed è proprio la sofferenza e la resistenza di fronte al male che ci fa uomini. L'umanità dobbiamo imparare a riconoscerla e a costruirla proprio dalla sofferenza, dal carcerato, dal malato, dal povero, e, di questi tempi, dallo straniero, dal rifugiato, dal richiedente asilo: più che mai abbiamo il bisogno di ascoltare le parole antiche. Di qui nascono le azioni sceniche e gli interventi degli studenti del Liceo Paolo Diacono di Cividale, che faranno riecheggiare le voci dei classici, tra l'Odissea di Omero, la Teogonia di Esiodo, il Socrate di Platone, il giuramento di Ippocrate. Serviranno per comprendere meglio il nostro presente, i nostri problemi tra l'Italia e l'Europa, con uno sguardo che si apre sulla storia e sul mondo: alla luce del 70° Anniversario della Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Uomo, quei diritti che sono il fondamento delle nostre vite.