Primo esempio di sistema brevettuale conosciuto a livello internazionale

Brevetti e Corporazioni nella Repubblica di Venezia

Il dibattito sulla proprietà intellettuale in rapporto al mercato risale al Cinquecento

Il 19 marzo del 1474 il Senato della Repubblica di Venezia approvò una legge con la quale si istituiva una procedura amministrativa per la concessione di brevetti industriali. Si trattava del primo esempio di sistema brevettuale conosciuto a livello internazionale. Dal 1474 alla caduta della Serenissima vennero concessi oltre duemila brevetti per novi et ingegnosi artificij in materia di mulini, macchine scavatrici, metodi per la tintura dei tessuti, medicamenti e molto altro ancora. Le analogie con le moderne legislazioni brevettuali – in termini di requisiti per la brevettabilità dell’invenzione o di benefici concessi al titolare del brevetto – e l’influenza che la legge veneziana ha avuto sono così forti che Craig Nard, noto giurista esperto nei temi della proprietà intellettuale, si è spinto a dire che “All modern patent regimes consist of a series of footnotes to the Venetian patent statute of 1474”.

La legge del 1474 rappresenta un’importante discontinuità istituzionale e costituisce pertanto un esperimento ideale che abbiamo usato nella nostra ricerca per studiare come è stata recepita e gli effetti che ha avuto la nuova legislazione sul tessuto economico locale. Lo studio è stato condotto assieme ad Alberto Galasso, collega dell’Università di Toronto. Nell’analisi incrociamo i dati sui primi brevetti concessi dal Senato veneziano con informazioni sulle corporazioni di arti e mestieri che erano attive nel ‘500 in dieci città della Repubblica ed alle quali era demandata l’organizzazione dell’attività produttiva. Le corporazioni erano molto eterogenee fra di loro in quanto ad attività, organizzazione interna e relazioni con gli organi di Governo. Inoltre, esse differivano in due aspetti che concorrono a determinare quello nel lavoro chiamiamo il potere di monopolio della corporazione. Gli statuti che le regolamentavano evidenziano infatti diverse capacità delle corporazioni di limitare o escludere l’accesso ai forestieri e più in generale a soggetti esterni. In aggiunta a ciò, gli statuti mostrano anche come le corporazioni differivano nella capacità di limitare la competizione tra i membri dell’associazione; in alcuni casi la competizione era libera, in altri invece la corporazione poneva un freno alla concorrenza imponendo prezzi di vendita uniformi, richiedendo una distanza minima fra le botteghe o vietando ai membri della corporazione di sottrarre la clientela ad altri associati.

Un interessante aspetto della ricerca è il legame con alcuni importanti temi attualmente dibattuti nella letteratura di economia industriale e di management della proprietà intellettuale. Infatti, i risultati che otteniamo nelle nostre analisi econometriche sono in linea con quanto emerge dagli studi più recenti. In particolare, nel nostro studio troviamo che:

  • vi era una forte eterogeneità nella propensione a brevettare da parte delle corporazioni. Ciò suggerisce che l’efficacia dei brevetti non fosse la stessa per i diversi settori. Questo risultato ha rilevanti implicazioni di policy in quanto suggerisce come i brevetti – più in generale, la forza con la quale questi tutelano gli inventori – possono avere effetti diversificati nei diversi contesti industriali, favorendo maggiormente l’innovazione in specifici settori a discapito di altri; 
  • corporazioni con maggiore potere di monopolio tendevano a brevettare di meno. Questo risultato evidenzia come ci fosse un rapporto di sostituibilità tra il potere di monopolio generato tramite gli statuti corporativi e quello determinato attraverso lo strumento brevettuale. Inoltre, il risultato è in linea con una delle teorie proposte dagli storici circa i motivi che portarono il Governo veneziano ad approvare la legge del 1474. Secondo questa interpretazione, infatti, Venezia decise di adottare un sistema brevettuale per favorire l’innovazione in quei settori nei quali le corporazioni non avevano un sufficiente potere di monopolio;
  • corporazioni che operavano in città geograficamente o politicamente distanti dalla capitale avevano una maggiore propensione a brevettare. Il risultato suggerisce che i brevetti erano percepiti come più efficaci dalle corporazioni che erano più distanti dal centro del potere politico.

 

In conclusione, molti dei temi che caratterizzano il dibattito corrente sulla gestione della proprietà intellettuale da parte delle imprese, così come sul legame tra forma di mercato (concorrenza vs monopolio) e propensione a brevettare non sono nuovi ma erano già presenti nella Venezia del ‘500. Tale continuità storica suggerisce come certi trade-off economici siano persistenti. In un momento di grandi cambiamenti tecnologici come quello che stiamo vivendo in questi anni questa consapevolezza può essere di aiuto sia per i ricercatori che per i policy maker fornendo un’utile guida per lo studio e la regolamentazione delle industrie.

La ricerca che abbiamo qui brevemente riassunto è stata presentata in diversi convegni specialistici e, in forma più divulgativa, anche in una delle Botteghe del sapere di Conoscenza in festa 2019. La ricerca è in corso di pubblicazione su The Journal of Industrial Economics. Una versione preliminare è disponibile cliccando sul link riportato qui sotto:

https://www.dropbox.com/s/u217c9z6cfcrjak/Venetian_Patents_JINDEC.pdf?dl=0