I risultati di uno studio degli atenei di Udine e Manchester

Osteoporosi e tumore delle ossa: nuove prospettive di cura da una ricerca sul lievito

Le scoperte saranno utilizzate per aumentare l’efficacia dei farmaci

Una ricerca innovativa sul lievito condotta dalle università di Udine e di Manchester apre nuove prospettive per aumentare l’efficacia dei farmaci usati nella terapia contro l’osteoporosi e i tumori delle ossa. Studiando il lievito, in particolare quello di birra, i ricercatori dei due atenei hanno scoperto nuovi meccanismi molecolari alla base della risposta dell’organismo, e quindi anche delle cellule tumorali, ai bisfosfonati, la principale classe di farmaci utilizzati per il trattamento di queste malattie. Grazie a questo studio quindi si potranno sviluppare nuove terapie specifiche. La comprensione dei meccanismi di reazione cellulare a questi farmaci, cui si è giunti con la ricerca, è infatti fondamentale per progettare nuove e più efficaci terapie nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale e delle complicanze (quale, ad esempio, la perdita di massa ossea) dovute alle metastasi ossee, spesso conseguenti al cancro della mammella e della prostata.
 
Lo studio è stato condotto dalle ricercatrici Nicoletta Bivi e Milena Romanello, del gruppo di Biologia molecolare del dipartimento di Scienze e tecnologie biomediche dell’ateneo friulano, coordinate dai professori Gianluca Tell e Franco Quadrifoglio, in collaborazione con un’equipe dell’Università di Manchester guidato dalla ricercatrice triestina Daniela Delneri e con il professor Luigi Moro, responsabile del Centro per lo studio delle malattie metaboliche dell’osso di Gorizia.
 
La ricerca ha inoltre rivelato la possibilità di utilizzare il lievito come modello cellulare che simula i processi che avvengono nelle cellule umane. Un modello che però è molto più semplice da studiare e da manipolare. «In questo modo – spiegano Bivi e Romanello – si aprono prospettive enormi sull’utilizzo di quest’organismo per lo studio degli effetti in vivo che i bisfosfonati hanno sulle cellule umane, consentendo la comprensione dei meccanismi molecolari e il miglioramento dell’efficacia farmacologica».
 
I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista internazionale di biologia molecolare “Genome Biology” ed evidenziati dalla rivista scientifica americana “Science Daily”. La ricerca è stata inoltre presentata al congresso dell’Associazione americana per lo studio delle patologie dell’osso tenutosi a Denver (Usa) dove ha ricevuto un premio nella sezione dedicata ai giovani ricercatori. «Questi risultati – sottolineano Tell e Quadrifoglio – sono un caposaldo per successivi studi applicativi che il gruppo di Biologia molecolare ha già avviato in collaborazione con altri gruppi di ricerca sia dell’ateneo udinese, sia in Italia e all’estero, e con il colosso farmaceutico statunitense “Procter&Gamble”».
 
Come in tutti i Paesi avanzati, anche in Italia l’invecchiamento della popolazione coincide con un aumento esponenziale delle malattie degenerative, patologie delle ossa comprese. «Nel nostro Paese – affermano Tell e Quadrifoglio – gli ammalati di osteoporosi sono già 8 milioni, per due terzi donne, che si prevede aumenteranno fino a 24 milioni entro il 2050».