Università di Udine, CRO di Aviano e Azienda Ospedaliero-universitaria di Udine uniti nella ricerca sul cancro e la diagnostica in generale

Quasi 3 milioni di euro dall’European Research Council per il progetto del professor Giacinto Scoles condotto tra Udine, Aviano e il campus di Basovizza dell’AREA di ricerca di Trieste

L’Università di Udine, il Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano e l’Azienda Ospedaliero-universitaria di Udine hanno avviato, insieme, le prime ricerche nell’ambito di uno dei più ambiziosi progetti di ricerca sul cancro, denominato “Monalisa’s Quidproquo”, rivolto all’individuazione di tecniche diagnostiche specificatamente mirate a misurare con estrema sensibilità, semplicità ed economicità i biomarcatori associati ai tumori per consentire un uso sempre più adeguato delle terapie connesse alla loro cura. Il progetto è finanziato per quasi 3 milioni di euro dallo European Research Council nell’ambito degli Advanced Investigaor Grants, ovvero progetti in grado di portare il massimo progresso scientifico nei diversi ambiti di ricerca e di aumentare la competitività e l’affermazione a livello internazionale dei ricercatori e degli enti di ricerca coinvolti.

Il progetto è ideato e coordinato dal professor Giacinto Scoles – professore emerito all’ Università di Princeton, che dalla primavera scorsa è stato nominato professore aggiunto alla facoltà di Medicina dell’Università di Udine, assieme al dottor Giuseppe Toffoli, direttore dell’Unità di farmacologia sperimentale e clinica del CRO di Aviano. Il progetto «seguirà – spiegano Scoles e Toffoli – un approccio modernissimo, recentemente introdotto dall’Istituto nazionale di sanità (NIH) degli Stati Uniti d’America, che mette in primo piano la ricerca condotta da ricercatori non medici – come ad esempio fisici e chimici – per cambiare profondamente la medicina moderna, avvalendosi dell’aiuto di esperti clinici e ricercatori medici».

«Ogni tumore – spiega il professor Scoles - causa la circolazione nel sangue del paziente di alcune - pochissime - cellule e antigeni tipici di quel tumore, i marcatori di malattia. Dopo un’asportazione per via chirurgica del tumore, tali marcatori dopo essere passati per un massimo di concentrazione nel sangue, se non sono già presenti focolai metastatici, scendono di livello assestandosi su piccolissime concentrazioni. Perciò le analisi fatte con i metodi correnti, che sono lenti e molto dispendiosi, vengono eseguite solo per predire al malato il probabile decorso della malattia. È chiaro che se si potesse non solo misurare il livello dei marcatori di malattia, ma anche il loro andamento nel tempo, si potrebbe diagnosticare la presenza di tumori metastatici prima che la loro rilevazione con gli attuali metodi diagnostici (TAC, PET, etc) diventi possibile, il che succede quando la metastasi acquista un diametro dell’ordine del centimetro: ossia, quando è troppo tardi».

Il professor Scoles ha individuato le due istituzioni friulane – Università di Udine e CRO di Aviano - nelle quali svolgere il progetto “Monalisa’s Quidproquo”, finanziato dallo European Research Council nell’ambito degli Advanced Investigator Grants. Questi ultimi «sono progetti – sottolinea il delegato alla ricerca dell’ateneo di Udine, Michele Morgante – tra i più prestigiosi esistenti in Europa e che definiscono la mappa dell’eccellenza europea».

«L’acronimo “Monalisa” – spiega Scoles - sta per MOlecular NAnotechnology for Life Science Applications e indica quattro laboratori MONALISA in Italia: Università di Udine, CRO, Sincrotrone Trieste (Elettra), e IOM-CNR, già Laboratorio Nazionale TASC, e quello negli Stati Uniti, all’università di Temple di Filadelfia, che costituiscono i centri principali che collaborano in questo progetto. ”Quidproquo” significa QUantitative Interactomics for Diagnostics, Proteomics and QUantitative Oncology e serve per indicare il programma che è in gran parte basato sull’interazione tra antigeni e anticorpi su scala dell’intero genoma».

La Commissione Europea ha finanziato il progetto del prof. Giacinto Scoles con oltre 2 milioni e 900 mila euro per 5 anni; Scoles ha deciso di aggregarsi al Dipartimento di Scienze mediche e Biologiche dell’Università di Udine e di investire i fondi del progetto in due Unità di ricerca integrate all’interno di strutture ospedaliere, una delle quali a Udine (presso l’Azienda ospedaliero-universitaria S.Maria della Misericordia), con un finanziamento di 2 milioni e 280 mila euro ed una al CRO di Aviano, con un finanziamento di quasi 700 mila euro.

Un secondo obiettivo del prof. Scoles e dei gruppi ad esso associati – il gruppo dell’Istituto di Anatomia patologica dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Udine, guidato da Carlo Alberto Beltrami, e il gruppo del CRO, guidato da Giuseppe Toffoli – è quello di rendere molto più facili le analisi del contenuto proteico di pochissime cellule, cosa che è attualmente impossibile, ma che aprirebbe il campo verso le terapie mirate specificatamente contro le cellule tumorali. «In questo modo – spiega Scoles – sarà possibile velocizzare i tempi di intervento e cura, individuando terapie perfettamente mirate, in quanto i patologi potranno selezionare le pochissime cellule patologiche, senza avere il fattore confondente delle migliaia o milioni di cellule sane “spettatrici”».

In modo analogo «si spera di capire – afferma Beltrami – la diversità fra le cellule staminali normali e quelle derivate da tessuti patologici, in modo da poterle usare con una maggiore cognizione di causa in quel tipo di terapia che va sotto il nome di medicina rigenerativa».

Con le nanotecnologie «cercheremo anche di migliorare – aggiunge Toffoli – l’efficacia dei farmaci antitumorali, portando i risultati della nostra ricerca direttamente “al letto del paziente”: monitorando nel tempo la concentrazione nel sangue delle molecole terapeutiche somministrate e di altre che ne indicano l’effetto antitumorale o la tossicità, cercheremo di personalizzare la terapia, aumentandone l’efficacia e riducendone gli effetti indesiderati».

Infine, mediante misure di RNA (un tipo di molecole cugine del DNA) i patologi di Udine stanno cercando di trovare dei segnali che avvisino il medico in anticipo dell’arrivo di una reazione di rigetto dopo un’operazione di trapianto di un organo vitale.

«Le probabilità di successo dell’intero progetto – fa notare il professor Scoles - sono molto elevate, perché le tecniche analitiche inventate nei laboratori di Basovizza (Elettra e IOM-CNR) sono state già messe a punto ma, ovviamente, manca ancora la loro applicazione a casi di malattie reali: da qui parte proprio il programma di ricerca, che si avvarrà della consulenza di un “blue ribbon panel” di esperti internazionali, tra i quali fanno spicco: il professor Massimo Cristofanilli, chief oncologist al FOX-CHASE Cancer Center di Filadelfia, il più “anziano” ospedale per il cancro degli USA; il prof Michele Vendruscolo, chimico teorico dell’Università di Cambridge nel Regno Unito; il prof. Hai-Lung Dai, chimico-fisico sperimentale e preside della facoltà di scienze presso l’Università di Temple di Filadelfia, e il prof. Alberto Mantovani, immunologo della Clinica Humanitas di Milano, lo scienziato italiano più citato in senso assoluto nella letteratura scientifica mondiale».

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