Indagine degli studenti di Relazioni Pubbliche a Gorizia

Italiano sì, ma “neostandard”: come cambia la lingua parlata

Nell’uso comune entrano forme linguistiche un tempo considerate improprie

Quando si usa il congiuntivo e quando, invece, l’indicativo? È giusto utilizzare il “ma” all’inizio di frase? Sono alcune delle domande che gli studenti del corso di laurea specialistica in Relazioni Pubbliche, nell’ambito del corso di Comunicazione e lingue speciali attivato dall’Università di Udine a Gorizia, hanno sottoposto ad un campione composto da un centinaio di soggetti, residenti in Friuli e nel Veneto orientale, nell’ambito di un’inchiesta che aveva lo scopo di verificare lo “stato di salute” della lingua italiana tra i suoi parlanti. Coordinati dal docente Vincenzo Orioles, gli studenti hanno sottoposto agli intervistati una lista con dieci domande, ognuna delle quali presentava imprecisioni di varia natura: dall’uso del “ma” ad inizio frase alla sostituzione del congiuntivo con l’indicativo. I campioni sono stati classificati in base a tre criteri: età (fasce tra 18-30, 30-50 e oltre 50), sesso e status sociolinguistico.

«Una lingua è lo specchio di una cultura – sottolinea Orioles -, ne rappresenta i sistemi di valore e per questo è in continuo divenire. Ci sono termini che scompaiono, altri che cambiano di significato, si pensi alla notevole differenza dell’aggettivo “gentile” nell’uso di Dante rispetto all’impiego corrente, e altri ancora, i neologismi, che vengono creati per descrivere oggetti e situazioni che prima non esistevano. Spesso sono proprio le regole grammaticali a essere modificate dai parlanti. O forse più semplicemente ignorate? È comunque un’evoluzione che viene definita neostandard o italiano dell’uso medio». I dati raccolti sono stati successivamente elaborati secondo la seguente scala di valutazione: nessun errore rilevato, zero punti; generica percezione di errore non accompagnata dalla soluzione appropriata, un punto; individuazione dell’errore e relativa correzione, due punti. Il punteggio massimo ottenibile era pari a venti ventesimi. Dai risultati è emerso che il punteggio più basso raggiunto è stato 10,4/20, mentre il più alto 15,8/20, per una media complessiva di 13,3/20.

«Se da un lato è necessario ribadire l’eterogeneità del campione, in particolare in termini di status sociolinguistico – osserva Orioles - le risultanze emerse da questo primo, necessariamente parziale sondaggio confermano le aspettative di una “risalita” di alcune forme linguistiche che, un tempo percepite come errate o improprie, circolano sempre più e non suscitano speciale reazione da parte del parlante». Come spiegano gli autori dell’indagine, tra le innovazioni più gettonate si annovera la formula invariante “che”, in sostituzione dei tipi introdotti da preposizione o articolo, per cui una frase come “maledetto il giorno che ti ho incontrato” non suscita grande scalpore, almeno dal punto di vista linguistico. L’uso dell’indicativo in sostituzione del congiuntivo è ormai un argomento di vecchia data, tanto che alcuni hanno già da tempo decretato la fine del congiuntivo. Ancora, si segnala il crescente utilizzo elencativo di “piuttosto che”, oltre che nell’originaria funzione oppositiva.

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