28 Gennaio 2009
Giovedì 29 alle 20.30 a Villa De Rubeis Florit di Tarcento
Lo Stato e la guerra, versione italiana per il libro di Krippendorff
L’opera del noto politologo tradotta per la prima volta dal tedesco grazie al Centro “Irene” dell’Ateneo
Il libro “Lo Stato e la guerra. L’insensatezza delle politiche di potenza” del politologo Ekkehart Krippendorff, uno dei maggiori esperti mondiali di studi sulla pace, è ora disponibile in lingua italiana, grazie alla traduzione conclusa dal Centro interdipartimentale di ricerca sulla pace “Irene” dell’università di Udine. Il lavoro rappresenta in assoluto la prima traduzione in un’altra lingua del testo originale tedesco. La versione italiana del volume, edito da Centro Gandhi Edizioni di Pisa, verrà presentata giovedì 29 gennaio alle 20.30 a Villa De Rubeis Florit in via Sottoriviera 1 a Tarcento (Ud).
Saranno presenti il direttore di “Irene” Fulvio Salimbeni e il traduttore Francesco Pistolato. L’incontro è stato organizzato in collaborazione con il Centro iniziative culturali di Tarcento (Cict). Nei prossimi mesi il Centro “Irene” sarà impegnato nella promozione dell’opera tradotta di Krippendorff in vari incontri, di cui quello di Tarcento è il primo. Il volume nell’edizione italiana può essere prenotato con una mail scrivendo all’indirizzo irene@uniud.it.
Il libro, edito in lingua originale nel 1985 dalla casa editrice Suhrkamp, dai contenuti «ancora attuali a più di 20 anni dalla sua pubblicazione – spiega Pistolato -, espone con brillantezza e ricchezza di dati come lo Stato in quanto istituzione e l’apparato militare siano storicamente legati in modo strettissimo, ma nefasto per il benessere dei cittadini». L’analisi di Krippendorff «mostra – continua Pistolato - che la politica di potenza è configurabile come una patologia e la ragion di Stato costituisce un’insensatezza cronica». Le frequenti citazioni dalla letteratura mondiale di diverse epoche «arricchiscono e conferiscono efficacia all’esposizione, sempre molto stringente. L’atemporalità della tesi non intende escludere che l’uomo possa dare un’impostazione diversa alla propria vita collettiva – conclude Pistolato –, anzi questo è l’invito che esplicitamente l’autore formula nell’introduzione all’opera, suo autentico testamento spirituale».