Dalla chiesetta alpina di Muris di Ragogna alla costruzione della Freedom Tower, la più alta torre d’America simbolo della rinascita di Ground Zero
«Con impegno, passione e determinazione, ma anche con lo studio si possono sempre raggiungere grandi risultati. Ai giovani ripeto sempre che devono studiare e soprattutto lottare per realizzare i propri sogni. Mai arrendersi, crederci sempre e impegnarsi, e quando inevitabilmente si cade, rialzarsi subito e ripartire veloci». Parola di Mario Collavino, laureato oggi honoris causa dall’Università di Udine in Ingegneria civile; l’uomo che, partito 59 anni fa emigrante vent’enne dal suo Friuli, è oggi il titolare del colosso imprenditoriale canadese - la Collavino Construction Company - cui è stata aggiudicata la commessa per la costruzione della “One World Trade Center – Freedom Tower”, il simbolo della rinascita di Ground Zero a New York.
E se il preside della facoltà di Ingegneria, Alberto F. De Toni, evidenzia «la capacità realizzativa nel campo della prefabbricazione, dell’industrializzazione edilizia e dell’organizzazione d’impresa di assoluto rilievo internazionale» e «i livelli d’eccellenza nel campo dell’ingegneria civile», il rettore dell’Università di Udine, Cristina Compagno, sottolinea come «Mario Collavino ha dimostrato e comunicato al mondo l'impegno, la creatività e la determinazione del popolo friulano, trasformando un’azienda familiare in una grande azienda che opera a livello mondiale. La laurea a questo grande imprenditore friulano è il riconoscimento più alto con cui l'Università del Friuli, entro il principio guida dell'universalità della scienza, riafferma con forza i propri valori fondanti di promozione e diffusione della cultura del Friuli e delle sue genti».
Una «prestigiosa onorificenza – ha detto Collavino – che mi rende particolarmente orgoglioso perché viene dall’“Universitât dal Friûl”, cioè da quel Friuli che è sempre stato nel mio cuore e nella mia mente. Ricevo oggi con emozione la laurea da questa giovane e prestigiosa università che in soli 33 anni non solo ha raggiunto eccellenti risultati di merito e di qualità, ma ha anche contribuito a cambiare il Friuli, migliorandolo sia sul piano socio-economico, sia su quello urbanistico, architettonico e ambientale».
«Con tanta forza di volontà e con tanti sacrifici – ha ricordato Collavino – ho ottenuto ciò che mi ero prefissato. Quando ho lascito l’Italia e il mio Friuli io ero un uomo distrutto e demoralizzato. Oggi sono orgoglioso e contento di quello che ho fatto. Sarei pronto a rifarlo anche ora». Iniziata dal coraggio e dall’intraprendenza di Mario e di suo fratello Arrigo, la straordinaria avventura imprenditoriale dei Collavino è stata, negli anni, portata avanti dall’intera famiglia. «Un grazie particolare a mia moglie Maria – ha ricordato Mario -, ai miei figli, ai miei generi, alle mie nuore e ai miei adorati nipoti che mi sono sempre stati vicini con il loro affetto. E un ricordo affettuoso e riconoscente anche per i miei genitori che mi hanno dato la vita e mi hanno insegnato a vivere secondo le loro regole».
La vita di Mario Collavino è una storia tra le più esemplari dell’emigrazione friulana del dopoguerra. Nato a Muris di Ragogna (Ud) il 12 giugno del 1932, ottenuta la licenza elementare, Mario inizia a fare il muratore nella scuola serale di San Daniele del Friuli, «e per questo – ricorda – il parroco del paese mi chiamò ad aiutarlo nei lavori di riparazione della chiesetta di San Giovanni in Monte, danneggiata dai bombardamenti della guerra. È uno dei lavori più importanti che ho fatto e ancor oggi ne sono fiero». A 15 anni Mario Collavino lavora a Udine nell’impresa dei fratelli D’Andrea. La fame, la miseria e la mancanza di lavoro aveva intanto spinto tanti giovani a emigrare. Così, anche Mario Collavino, che il 15 aprile 1952 si imbarca a Genova con destinazione Canada e la città di Windsor, nell’Ontario, dove si ritrova con lo zio Giovanni e il fratello Valentino, detto Arrigo.
Nel 1954 Mario e Arrigo si licenziano dalla piccola impresa edile italo-canadese dove lavoravano, a dispetto del documento di immigrazione che prescriveva il lavoro nei campi, e fondano la “Collavino Brothers Construction Company” per lavorare in proprio nel campo dell’edilizia.
«Il primo lavoro – ricorda Collavino – fu un marciapiede in ciottolato; subito dopo arrivarono altri lavori di ristrutturazione e qualche casa nuova. Il lavoro cresceva e cominciammo ad assumere alcuni operai». Negli anni Sessanta, poco più che trentenne, Collavino si accolla i primi lavori “importanti”: scuole, ospedali, grossi complessi di abitazioni. Nel 1964 Mario sposa Maria e la famiglia si allarga con i figli Renzo, Lora, Cynthia e Paolo.
Negli anni Settanta la ditta Collavino realizza grattacieli, ponti e strade in tutto il territorio canadese e statunitense. Nel 1980 l’impresa comincia a espandersi in Egitto, Sri Lanka, Camerun, Kenya e nell’isola Mauritio. Nel 1990 i fratelli Collavino decidono di duplicare l’impresa dividendosi: la produzione dei prefabbricati rimane ad Arrigo, mentre Mario continua con le opere edili insieme ai suoi figli. Nello stesso anno Mario Collavno inizia a lavorare in Yemen, affidando la gestione dell’impresa al figlio Renzo; quindi ad Abu Dhabi, dove lavorerà per 15 anni. Tra gli importanti lavori realizzati In Canada e negli USA, da ricordare gli aeroporti di Pittsburg e Detroit, il Lions Stadium da 50 mila posti e il Tiger Stadium da 45 mila posti, il Borgata Hotel di 50 piani e 2 mila stanze.
«Questi lavori – spiega Collavino - sono stati eseguiti sotto la direzione dei miei figli Paolo e Renzo. Paolo è tuttora incaricato di seguire la costruzione dei lavori in Canada dove in questi anni ha realizzato molti prestigiosi progetti: il centro commerciale di Windsor con uno stadio coperto per 10 mila persone, 4 piste di hockey e pattinaggio, un complesso di 250 ettari di impianti di energia solare, l’edificio scolastico per la facoltà di Ingegneria dell’Università di Windsor».
Il figlio Renzo è, invece, attualmente incaricato di seguire i lavori a New York nella ricostruzione della torre One WTC di Ground Zero. Con i suoi 541 metri di altezza, pari a 1776 piedi, sarà la torre più alta dell’America e la sua altezza di 1776 piedi è stata scelta per ricordare l’anno della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America.
L’affidamento di questo realizzazione «dimostra – secondo quanto afferma nella laudatio Gaetano Russo, docente di tecnica delle costruzioni – apprezzamento indubbio dell’attività svolta. L’ingegneria dell’“edificio a torre” è il tema di frontiera dell’ingegneria e dell’architettura contemporanea, in quanto l’“infinito dettagliare” si fonde con la sfida costruttiva della grande altezza».