17 Maggio 2004
Giovedì 20 maggio alle 18 nel Palazzo del cinema in piazza Vittoria
Altan & Staino: a Gorizia due matite da ciak
Al Dams faccia a faccia fra il papà di Bobo e il disegnatore friulano
I due fumettisti racconteranno il loro film "Non chiamarmi Omar"
Al Dams di Gorizia, due matite da ciak. Entrambi disegnano, entrambi lo fanno divinamente bene. Tanto bene da essere due fra i fumettisti più apprezzati e famosi d'Italia. Ma Sergio Staino e Francesco Tullio Altan in comune hanno anche qualcosa che molti non sanno: un film. Per la precisione, "Non chiamarmi Omar" (Italia, 1992). Basato sul racconto "Notti crude", «scritto ma non disegnato» dal creatore della Pimpa e diretto dal celeberrimo “papà” di Bobo, che, a quattro mani con Altan, ha curato anche l'adattamento per lo schermo. A svelarne la storia e i retroscena saranno loro stessi, in un incontro-evento a Gorizia, giovedì 20 maggio alle 18 nella Sala Bianca degli spazi Dams di piazza Vittoria, per l'ultima puntata della retrospettiva dedicata al volto di celluloide di Altan, organizzata dal corso di laurea in Discipline delle Arti, della musica e dello spettacolo dell'Università di Udine, nell'ambito del nuovissimo corso di Fumetto e grafica contemporanea, con la preziosa collaborazione di Transmedia e del Premio Sergio Amidei. Con loro, al tavolo dei relatori, anche il responsabile del settore Cinema del corso di laurea isontino dell'Ateneo friulano, Leonardo Quaresima. E alle 21, sempre al Cinema Vittoria, una chicca per i cinefili, che potranno godersi la proiezione (a ingresso libero) del film "Non chiamarmi Omar", sceneggiato e diretto "in punta di matita" dai due disegnatori, nell'inedita veste di cineasti, con un cast da leccarsi i baffi: dal gustoso exploit attoriale di un altro famosissimo disegnatore, Georges Wolinski al cameo di Vinicio Capossela, dalle Veneri idolatrate della commedia italiana Stefania Sandrelli e Ornella Muti ai protagonisti del piccolo schermo Michele Mirabella, Pierfrancesco Loche e Antonello Fassari, fino a una Barbara D'Urso ancora lontana dalla fascinazione del reality.
Nella pellicola, forse la più complessa e ambiziosa tra quelle partorite dalla fantasia del celebre disegnatore friulano d'adozione, il “mondo di Altan”, caleidoscopico e multiforme caravanserraglio di personaggi sempre sopra le righe e sempre in balìa di una caratterizzazione narrativa indecisa tra realismo e trasfigurazione fantastica, trova un’egregia “sponda” cinematografica nell’immaginazione affine e complementare di Staino, allo stesso modo attratto dalla frastornante babele di linguaggi e di segni che nevrotizzano l’uomo d’oggi. Il racconto incrocia i destini di vari personaggi sullo sfondo di una non meglio precisata, grigia e nebbiosa città del Nord Italia: Bruno (Gianni Cavina), un anziano tassista accompagnato dalla moglie paraplegica; un tecnico audio-video che sottrae la moto al figlio per recarsi al lavoro, mentre quest'ultimo rimane a casa ansioso e furibondo in compagnia della madre; il traffichino Assiro Fez (Wolinski), disprezzato dalla consorte Golda e impegnato in una trasmissione radiofonica e, infine, il misterioso chirurgo Omar Tavoni (un carismatico Gastone Moschin), proprietario di una rinomata clinica e sposato con Luisa
Trait d’union di tutte queste bizzarre microstorie, una valigetta dal prezioso quanto misterioso e riservatissimo contenuto di proprietà del chirurgo Tavoni: smarrita dal medico in un taxi, passa di mano in mano, fino ad cadere in possesso di un'acida femminista. Questo il pretesto cui Altan e Staino ricorrono per disporre le loro mille pedine sulla scacchiera di una quotidianità bizzarra e caotica, messa in una vicenda costellata di inseguimenti, uccisioni, tradimenti, guarigioni (fino a un epilogo a sorpresa). Perché, appunto, più che la storia in sé, sono proprio i suoi buffi e farseschi personaggi, i veri ingredienti di un film corale che affresca un'umanità ora cinica e disincantata, ora tenera e vulnerabile con i toni di una satira corrosiva e ficcante, amara e caustica ma al tempo stesso divertente e divertita, delle mille contraddizioni della società contemporanea.