30 Marzo 2004
Alla Casa dello Studente di Pordenone
I rischi del radon in casa. Ne parla un docente dell'ateneo udinese
Marilena Tolazzi Toffolo spiegherà le origini,
la diffusione, i rimedi per la radioattività agli studenti
dell’Università della Terza Età di Pordenone
Marilena Tolazzi Toffolo, docente di chimica e chimica ambientale all’Università di Udine, parlerà di “Il Radon: il rischio in casa” giovedì 1 aprile, ore 15.30, presso il del Centro Culturale Casa A. Zanussi, nell’ambito delle lezioni dell’Università della Terza Età di Pordenone realizzate in collaborazione con il Consorzio universitario.
Il Friuli Venezia Giulia è, infatti, tra le regioni italiane in cui la concentrazione media di radon interne agli edifici è tra le più alte ( 96 Bq/m3); anche se questi valori rimangono al di sotto dei limiti massimi raccomandati dall’Italia e dai Paesi europei e non. Le province di Trieste e Pordenone presentano le punte di presenza più elevate. Il rischi per la nostra salute, infatti, dipendono dal fatto che i prodotti di decadimento del radon, anch’essi radioattivi, si attaccano a polvere, fumo e vapore e possono essere inalati. Si fissano ai polmoni e, ancor più se si aggiungono all’effetto fumo, possono danneggiare le cellule, aumentando il rischio di tumori.
Con la lezione “Radioattività naturale e artificiale. Il Radon: il rischio in casa” verranno discusse le origini, la diffusione, la misurazione e i rimedi alla presenza del gas radon indoor. Si parlerà degli effetti sulla salute, come delle normative mondiali. Verranno trattati gli aspetti generali della radioattività, quali l’origine, i processi e le modalità di decadimento radioattivo, le energie e gli effetti associati alle radiazioni e le applicazioni in campo scientifico, tecnologico e medico.
“Numerose sono le applicazioni della radioattività – ha spiegato la docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università di Udine – dalla diagnostica medica, alla datazione radiologica, alla analisi per diluizione isotopica fino alla produzione di energia nucleare”. Tolazzi Toffolo si soffermerà sugli aspetti legati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi. “Allo scopo di limitarne la pericolosità e di provvedere alla gestione di un volume sempre crescente di rifiuti – ha anticipato la professoressa – nell’ultimo decennio si sono cercate di valutare le operazioni più efficaci relative al trattamento e al condizionamento dei materiali radioattivi e relativamente ai luoghi per lo smaltimento definitivo. Uno smaltimento legato a problematiche sanitarie, di sicurezza ed anche etiche, necessario per non delegare alle generazioni future la soluzione di un problema determinato da usi della tecnologia fatte dalle generazioni passate e presenti”.
BREVE SCHEDA SUL RADON
Il radon è un gas naturale radioattivo, prodotto dal decadimento dell’uranio, ubiquitario sulla terra, che si sprigiona più o meno facilmente a seconda delle conformazioni del sottosuolo a abita i luoghi dove la popolazione vive e lavora.
Il termine radioattività viene utilizzato per indicare la proprietà di alcuni elementi, i radionuclidi naturali o artificiali, di emettere radiazioni. Fu scoperta nel 1986 dal fisico francese Antoine-Henry Becquerel il quale osservò che l’uranio emetteva delle radiazioni capaci di impressionare una lastra fotografica protetta da uno schermo, opaco ai raggi luminosi.
Le ricerche iniziate da Becquerel vennero riprese dagli scienziati francesi Marie e Pierre Curie i quali nel 1898 scoprirono che la proprietà di emettere radiazioni penetranti era comune all'uranio e ai suoi composti. Analizzando l'intensità della radiazione emessa per mezzo di una camera di ionizzazione, essi riconobbero che i minerali dell'uranio, in modo particolare la pechblenda, avevano un'attività radioattiva maggiore rispetto ai sali usati da Becquerel. Poiché non esistevano elementi noti sufficientemente radioattivi da giustificare le radiazioni osservate, essi dedussero che i minerali analizzati fossero composti da sostanze ignote estremamente instabili.
Dopo una serie di esperimenti chimici sulla pechblenda scoprirono due nuovi elementi radioattivi: il polonio e il radio.
Si comprese subito che la radioattività era la sorgente di energia più concentrata fino ad allora conosciuta. I Curie misurarono il calore associato al decadimento del radio e stabilirono che 1 g di radio produce circa 420 J di energia all'ora e che questo effetto termico continua ora dopo ora e anno dopo anno.
A seguito di questi risultati la radioattività attirò l'attenzione degli scienziati di tutto il mondo e nei decenni successivi furono ampiamente studiati molti aspetti del fenomeno.