A Chieti i docenti dell’Università di Udine

Mettere in rete i centri di ricerca delle università italiane

E' l’obiettivo del MATI, centro di eccellenza dell’ateneo udinese

        Si è svolta in questi giorni a Chieti, presso il Centro di eccellenza sull’invecchiamento, la prima riunione nazionale dei Centri di eccellenza della ricerca biomedica, alla quale hanno partecipato, come rappresentanti del MATI (Centro per lo studio della Microgravità, dell’Anziano, dell’Immobilità e dell’Allenamento), il centro di eccellenza dell’Università di Udine, il presidente Pietro E. di Prampero, il docente Alfonso Colombatti e il vice direttore del centro, Carlo E.M. Pucillo. Nell’occasione è stato fatto un bilancio del  primo triennio di attività, discutendo, in particolare, del futuro scientifico-organizzativo dei centri stessi.
        
        Un triennio che si è concluso con risultati del tutto positivi e che rende il MATI - che raggruppa circa 60 ricercatori impegnati in 12 principali linee di ricerca ed ha sede temporanea presso il dipartimento di Scienze e tecnologie biomediche - pronto per la seconda fase di sviluppo e fiducioso su una questione che se come ci si augura andrà a buon fine, porterà ulteriore prestigio all’ateneo friulano. Il MATI, infatti, ha proposto al Miur (Ministero dell’università e della ricerca) di mettere in rete i centri di eccellenza delle università italiane per promuovere la crescita e la competitività della ricerca in Italia. “E’ necessario – ha ricordato il professor Pietro Di Prampero – che dopo questa positiva fase di avvio sia mantenuta la disponibilità di finanziamenti ministeriali adeguati, e che prosegua in maniera continuativa il supporto del nostro rettore, che vengano, inoltre, identificati locali appropriati che andranno ad aggiungersi ad un assetto organizzativo che faciliti i collegamenti con l’industria e la Sanità regionale”.
        
        “Come rappresentanti dei centri – ci ha informato il professor Alfonso Colombatti – abbiamo rivolto al governo e a tutte le forze politiche un vero e proprio appello per chiedere anche una normativa ad hoc, che dopo una approfondita valutazione dell’operato al termine del terzo anno, regolamenti la vita dei centri per i successivi 10 anni come previsto dal decreto istitutivo”. Il MATI, è bene ribadirlo, è già collegato formalmente con il Cro-IRCCS di Aviano con il quale sono in atto alcune collaborazioni anche nel campo della post-genomica. Non dimentichiamo che il MATI ha una rilevanza strategica per l’attività di alta formazione e ricerca, dato che è sede principale, anche se non esclusiva, dell'attività di due dottorati, tanto che il centro dell’ateneo friulano è uno dei due unici centri di eccellenza in ambito biomedico tra tutte le università del nordest, dal 2001 quando, attraverso un meccanismo di selezione competitiva su scala nazionale, era stato raggiunto tale traguardo che ha consentito un finanziamento triennale, rinnovabile annualmente in base alla verifica delle attività svolte, da parte Miur e da parte dell’Università di Udine.
        
        E’ importante ricordare, che alla valutazione iniziale delle varie proposte il MATI era risultato secondo a livello nazionale. Con la promozione dei centri di eccellenza, molto innovativa per il sistema della ricerca italiana, il Miur aveva voluto promuovere la collaborazione multidisciplinare all’interno di ciascun ateneo e con le realtà scientifiche del territorio, un’operazione pienamente riuscita che ha innescato meccanismi virtuosi di promozione della qualità della ricerca accademica e del suo collegamento anche con il mondo industriale.