Il 58% mangia in compagnia della tv. 3 su 5 consumano merendine

Se la mamma lavora l'alimentazione dei figli ci guadagna

Indagine sulle scuole isontine. Il consumo di prodotti
tipici è legato ai nonni e a madri lavoratrici

        Se la mamma lavora fuori casa, l’alimentazione dei figli ci guadagna in “tipicità”. Un risultato in qualche modo sorprendente, visto che è quasi un luogo comune pensare che le madri casalinghe curino pranzi e cene con particolare attenzione alla genuinità dei cibi e che le lavoratrici, con i minuti contati per la spesa e la preparazione dei pasti, si affidino con maggiore facilità all’abbinata veloce “bistecca e insalata”. A sfatare i luoghi comuni, uno studio condotto da Laura Rizzi, del Dipartimento di Scienze Statistiche, e Stefania Troiano del Dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Udine. Le due ricercatrici, elaborando i dati di 5578 questionari (il 71,3% della popolazione scolastica interessata), compilati dagli alunni delle scuole elementari e medie della provincia di Gorizia durante un’indagine promossa dalla Provincia di Gorizia in collaborazione con Coldiretti e coordinata dal Prof. F. Marangon, hanno testato le abitudini alimentari dei più piccoli, con particolare attenzione al consumo dei prodotti tipici. 

        «I prodotti tipici rientrano nella dieta del 75,6% degli intervistati. Nella domanda volta ad indagare il grado di conoscenza dei prodotti tipici, che richiedeva di elencare uno o più prodotti locali, il 72,8% degli intervistati ha indicato almeno un prodotto. La maggior parte degli scolari ha risposto fornendo i nomi delle più tradizionali preparazioni culinarie locali (la polenta, la gubana e il frico), mentre meno segnalati sono stati i prodotti agricoli locali, quali gli insaccati (ad esempio, il prosciutto di San Daniele) e il vino», spiegano. Secondo i risultati dell’indagine, consumano più cibi della tradizione friulana i bambini (soprattutto maschi) che hanno la mamma lavoratrice, che in famiglia vivono ancora con i nonni (un risultato in sintonia con i dati dell’indagine Coldiretti 2004), che vanno a comprare direttamente dai produttori assieme ai genitori, che consumano prodotti di stagione, che aiutano mamma e papà a far la spesa e a preparare i pasti e che leggono già con attenzione le etichette sulle confezioni. 

        Per contro, hanno meno familiarità con polenta&co i bambini che mangiano molte merendine. E non sono pochi: secondo i dati raccolti, l’abitudine a consumare merendine accomuna il 60,2% degli scolari (soprattutto delle elementari). Non solo: guardano la televisione mangiando quasi tre bambini su cinque (58%). Dall’indagine è emersa anche una particolare propensione ai pasti con i minuti contati: il 57,6% dedica 5 minuti circa per la colazione, il 74,8% concede meno di 30 minuti al pranzo, mentre per la cena il 59,7% trascorre a tavola meno di 30 minuti. Inoltre, prevale l’abitudine a consumare i pasti solo con parte dei familiari, sebbene la cena con tutta la famiglia accomuni il 75% degli intervistati. La colazione, invece, risulta il pasto maggiormente consumato individualmente (31% dei casi). In cima alla hit dei cibi più consumati quotidianamente c’è la carne (69,9%), seguita dalla pasta (63,7%), dall’acqua (54,7%), dal pane (48,2%) e dalle verdure crude (39,4%). In fondo alla classifica degli alimenti consumati abitualmente dagli scolari si trovano il vino e la birra, il caffè, la marmellata, il miele e le verdure cotte. Una fetta di salutisti resiste comunque: mangiano frutta e verdura una o più volte al giorno caratterizza, rispettivamente, il 53,1 e il 45,2% degli scolari. Il consumo di soli cibi freschi riguarda il 68,6% degli intervistati, mentre tra i prodotti trasformati vengono preferiti i surgelati. Le domande volte ad indagare le preferenze alimentari degli scolari evidenziano che la pizza, il gelato, la pastasciutta, la frutta e il pane sono i cibi che occupano le prime posizioni della graduatoria. In fondo alla classifica delle preferenze si collocano, invece, le verdure cotte, il miele, la minestra, il tonno in scatola e le verdure crude. Infine, l’ultima parte dell’analisi statistica ha consentito l’individuazione, attraverso un analisi di omogeneità, di due profili distinti di consumatori: i giovani consumatori scorretti, che non consumato prodotti tipici, ed i giovani consumatori virtuosi. Come concludono le ricercatrici, anche sulla scorta di indagini condotte su ampia scala (Istat, Eurispes, Telefono azzurro), «se è vero, quindi, che i consumatori in generale sono sempre più attenti alla qualità, alla tutela della salute e alla sicurezza alimentare, al fine di assicurarsi benessere e recupero degli equilibri con l’ambiente locale e globale, è anche vero che tra i giovani paiono radicarsi abitudini alimentari “scorrette”».