17 Dicembre 2005
L’articolo pubblicato dal periodico della Provincia di Gorizia
Gli studenti dell'ateneo di Udine "testano" dal vivo il "modello Brandolin"
Il presidente intervistato da quattro iscritti di Relazioni Pubbliche
«L’Università ha dato una sferzata a una città sonnolenta»
Gli studenti dell’Ateneo di Udine a Gorizia hanno “testato” dal vivo il “Modello Brandolin”. Con un’intervista, che il presidente della Provincia isontina ha concesso a quattro iscritti del corso di laurea in Relazioni Pubbliche - Laura Sestu, Massimiliano Cao, Giovanni Candussio e Anna Franca Didonna – e che è stato pubblicato sul periodico dell’ente goriziano "La provincia Isontina. Nell’articolo, che gli studenti hanno preparato e curato mettendo alla prova le loro capacità da cronisti in erba, Giorgio Brandolin si racconta, tracciando, tra le righe, quasi un bilancio di fine mandato. A partire dal modo in cui ha voluto affrontare il suo incarico, da quando nel ’97 gli chiesero di candidarsi («allora non c’era la fila per fare il presidente della Provincia»): «L’ho fatto con molta spontaneità: questo mi ha permesso di creare un buon rapporto con la gente ma al tempo stesso è stato un grosso limite, perché mi ha creato problemi con i partiti. Perchè i partiti hanno dei modelli che devono essere rispettati: io questi modelli non li ho accettati. Ho adottato il “modello Brandolin”».
Se adesso, ha confidato Brandolin agli studenti, concluderà il suo mandato «senza nessun rimpianto», dopo 9 anni da presidente «a tempo pieno», per tornare a fare «l’ingegnere come lavoro e il dirigente sportivo per hobby», gli resta, però, un grande sogno nel cassetto. «L’eliminazione fisica del confine con la Slovenia. Un grande sogno è quello di far ritornare la nostra provincia un territorio unito. Mi auguro che a quel punto anche la città di Gorizia assuma il ruolo di punto di riferimento per un territorio più vasto, multiculturale, multilinguistico». Per raggiungere questa meta l’Università secondo lui può giocare un ruolo chiave. «L’Università è lo strumento fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo. Primo perché la presenza di voi giovani che venite da fuori ha dato una sferzata a una città sonnolenta, addormentata, anche a causa di tutte le tragedie che ha vissuto». Ma oltre alla politica gli studenti di Relazioni Pubbliche hanno fatto emergere anche lati meno conosciuti del presidente della Provincia. Scoprendo, per esempio, il Brandolin studente che preparava gli esami sempre insieme ad un compagno di studi e che ricorda Fisica 1 come la sua bestia nera, ma scoprendo anche il Brandolin sportivo, che «a balòn» ha sempre giocato anche se suo nonno non voleva che mamma gli comprasse le magliette per il calcio, e che ha iniziato a tifare Juve prima dei dieci anni, «senza capire perché».
Se adesso, ha confidato Brandolin agli studenti, concluderà il suo mandato «senza nessun rimpianto», dopo 9 anni da presidente «a tempo pieno», per tornare a fare «l’ingegnere come lavoro e il dirigente sportivo per hobby», gli resta, però, un grande sogno nel cassetto. «L’eliminazione fisica del confine con la Slovenia. Un grande sogno è quello di far ritornare la nostra provincia un territorio unito. Mi auguro che a quel punto anche la città di Gorizia assuma il ruolo di punto di riferimento per un territorio più vasto, multiculturale, multilinguistico». Per raggiungere questa meta l’Università secondo lui può giocare un ruolo chiave. «L’Università è lo strumento fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo. Primo perché la presenza di voi giovani che venite da fuori ha dato una sferzata a una città sonnolenta, addormentata, anche a causa di tutte le tragedie che ha vissuto». Ma oltre alla politica gli studenti di Relazioni Pubbliche hanno fatto emergere anche lati meno conosciuti del presidente della Provincia. Scoprendo, per esempio, il Brandolin studente che preparava gli esami sempre insieme ad un compagno di studi e che ricorda Fisica 1 come la sua bestia nera, ma scoprendo anche il Brandolin sportivo, che «a balòn» ha sempre giocato anche se suo nonno non voleva che mamma gli comprasse le magliette per il calcio, e che ha iniziato a tifare Juve prima dei dieci anni, «senza capire perché».