Il terremoto in Friuli, 47 anni fa. La memoria e l’impegno

Il messaggio del rettore Roberto Pinton

Il terremoto in Friuli sui giornali d'epoca

Magnitudo 6.5, durata 59 secondi, decine di paesi distrutti, 990 morti. Questi sono i freddi numeri del sisma che devastò il Friuli nel 1976. La sera del 6 maggio alle ore 21 e 12 la terra cominciò a tremare. Fu la notte dell’Orcolat, il mostro che secondo la leggenda è rinchiuso sotto terra nella Carnia e quando si agita scuote le montagne provocando i terremoti. Il terremoto del Friuli è considerato il quinto terremoto più grave che abbia colpito l’Italia nel corso del Novecento, dopo quello di Messina, della Marsica, dell’Irpinia e del Vulture.

Sono trascorsi 47 anni, ma, per chi visse quei momenti, sembra ieri.

Perdita, sofferenza, paura, ma anche solidarietà, amicizia e rinascita. Non c’erano internet e i cellulari a quel tempo. La perdita delle linee telefoniche fisse significava anche l’isolamento. Le prime testimonianze arrivarono dai radioamatori e dagli autotrasportatori che passavano nella zona. Poi ci furono le tendopoli. E dopo ancora il “modello Friuli”, esperienza unica in Italia e che ancora oggi fa scuola.

Nessuno poteva immaginare, 47 anni fa, che l'immane tragedia abbattuta su una terra e su una comunità sarebbe diventata, nei mesi e negli anni successivi, occasione di riscatto e di sviluppo di un intero territorio, fino a innescare un profondo cambiamento sociale e modificare in modo significativo la vita delle generazioni successive. “Prima le fabbriche, poi le case, infine le chiese”.

Esiste un prima e un dopo il sisma del ‘76.

Il “dopo” ha significato anche la nascita dell’Università di Udine, che rappresenta un altro caso emblematico in Italia, unica università ad essere nata per volontà popolare, dopo una raccolta di firme – ben 125.000 -, molte delle quali raccolte nelle tendopoli, che ne ha portato l’istituzione con una legge di iniziativa popolare. La battaglia per l’istituzione di un ateneo a Udine era cominciata ben prima del terremoto, ma la catastrofe, invece di bloccare il progetto, gli diede nuova linfa, dimostrando la volontà e la risolutezza dei friulani, anche in un momento così tragico.

È evidente quindi come la memoria del 6 maggio 1976 non sarà mai per il Friuli e i friulani mera celebrazione agiografica. E non potrà mai esserlo nemmeno per l’Università di Udine, chiamata a dare ali a quel desiderio di conoscenza e di sviluppo espresso dal popolo friulano con così grande tenacia.

Ed è quindi con grande orgoglio ed enorme senso di responsabilità che ogni giorno l’ateneo friulano spende le sue energie per mantenere quell'impegno e quella promessa, con la consapevolezza di essere depositaria dei valori di un territorio che ha saputo essere protagonista della sua ricostruzione.

Il rettore

Roberto Pinton

Sullo stesso tema

Venerdì 6 Maggio

6 maggio 1976, l’Orcolat colpisce il Friuli

Il messaggio del rettore Roberto Pinton

Martedì 3 Maggio

Rischi, disastri e territori resilienti: gestire, pianificare e ricostruire

Venerdì 6 maggio, alle 15.30, esperti a confronto in diretta streaming

Lunedì 13 Settembre

Dal modello Friuli spunti per la ricostruzione post Covid

A 45 anni dal sisma, analogie e proposte per un futuro più sicuro, sostenibile, inclusivo e resiliente