Dolomiti Mountain School, un turbine di idee per le strutture abbandonate della montagna friulana

Le decine di architetti, portatori d’interesse e addetti ai lavori che lo scorso venerdì hanno affollato la Sala Azzurra di Forni di Sotto hanno fatto ritorno a casa con un bagaglio di stimoli ricchissimo: il secondo incontro della Dolomiti Mountain School 2024 è stato un susseguirsi di idee e suggestioni sul recupero e il riutilizzo delle strutture abbandonate che affollano le nostre montagne e non solo.

Alessandra Marin, professoressa di Urbanistica dell’Università di Ferrara, ha illustrato diversi casi studio, come Gherardi in Emilia Romagna o Favara in Sicilia: “Il capitale fisso - cammini, piccoli edifici che si trovano all'interno di paesaggi, luoghi nei quali le persone hanno vissuto e ancora in parte vivono - può essere rivitalizzato attraverso l'arrivo di un capitale sociale, di nuove comunità che lavorano attraverso la creatività in questi contesti. Insieme va pensato anche il capitale naturale, che deve essere ricompreso all'interno di questi processi di riqualificazione”.

Lorenzo Migliorati, professore di Sociologia dell’Università di Bergamo, si è focalizzato sui relitti che l’industrializzazione ha lasciato nelle terre alte. “In montagna, il modello produttivo industriale è arrivato ed ha attraversato come una meteora questi territori” ha spiegato. “Si calcola che in tutto l'arco alpino esistano almeno 300 aree industriali dismesse di dimensioni superiori ai 50 mila metri quadrati, cioè dei campi di ruggine che ormai hanno fatto il loro tempo. Dobbiamo riflettere su come intervenire, su quali modelli culturali e simbolici adottare”.

Non è mancato l’apporto delle nuove tecnologie, come i visori VR con cui gli studenti dell’Università di Udine hanno ricreato digitalmente Pineland, villaggio a Forni di Sopra, per immaginarne il futuro, e dei documenti d’archivio, come i progetti originali di Marcello D’Olivo. “Gli studenti hanno elaborato possibili sviluppi di quell'area, con soluzioni diverse ma di indubbio interesse. Abbiamo lavorato con le nuove tecnologie, come le stampanti 3D e il visore di realtà virtuale” ha spiegato Alberto Sdegno, professore di Disegno all’Università di Udine.

Gabriele Toneguzzi, docente di Museum exhibit design dello IUAV di Venezia, immagina le montagne friulane come un unico grande spazio espositivo: “Un territorio come quello della Carnia si presta più di altri a venire considerato come un museo a cielo aperto, fatto di edifici, panorami, persone in carne ed ossa: un museo dentro cui si può vivere, profondamente diverso da quelli a cui siamo abituati”.