Inaugurato l'anno accademico 2004-2005

L'Università di Udine merita 21 milioni di euro in più

Lo stabilisce il nuovo modello di valutazione del Ministero

Tutti i corsi di laurea hanno superato la prova dei requisiti minimi
Honsell boccia la legge sullo stato giuridico
e "rimanda" quella sulla riforma della didattica

Il 2005 potrebbe essere un anno epocale per l’università di Udine. Secondo il nuovo modello di riparto dei finanziamenti ministeriali, basato sulla valutazione dell’efficienza della didattica e della ricerca degli atenei, l’ateneo friulano merita 21 milioni di euro in più nel 2005, rispetto ai finanziamenti erogati finora. Un incremento del 30% che ha portato l’ateneo friulano ad incidere a livello italiano per l’1,27%, rispetto al precedente 0,95%. Le buona notizia è stata data dal rettore Furio Honsell durante l’inaugurazione dell’anno accademico 2004-2005. L’ateneo friulano, giunto al traguardo dei 27 anni, può vantare un risultato che premia la serietà e la qualità delle scelte strategiche operate. Il nuovo modello, oltre ad aver mandato in pensione quello vecchio che risaliva addirittura al 1993, utilizza nuovi parametri (numero di iscritti in regola, crediti erogasti, numero di dottorati e assegnasti di ricerca, finanziamenti per progetti di ricerca).

Se si misurano i rapporti fra il Fondo di funzionamento ordinario e i valori del nuovo modello di valutazione, si scopre che Udine è al 5° posto per efficienza nella ricerca e al 10° per numero di studenti in corso, al 3° per crediti formativi erogati. “Auspichiamo – ha sottolineato Honsell – che di fronte alle inevitabili proteste dei meno efficienti, il Ministero sappia resistere applicando il nuovo modello alla parte più cospicua del Fondo di finanziamento ordinario delle università”. Che l’ateneo friulano goda di buona salute, lo dimostrano anche altre due indagini: quella del Censis, che inserisce tutte le facoltà dell’università udinese fra le prime 10 in Italia (Medicina e Lingue al 1° posto) e quella appena terminata dal Ministero sui requisiti minimi dei corsi di laurea: tutti i corsi di laurea dell’ateneo friulano hanno superato la prova, evitando i cosiddetti “bollini rossi”. Plauso al ministero anche per aver aumentato del 7% le risorse per l’università a livello italiano. Un’inversione di tendenza che dovrà essere mantenuta. “L’incremento – ha sottolineato il rettore – dovrà essere reiterato per i prossimi 5 anni: solo così l’università italiana potrà recuperare la sua competitività rispetto agli altri paesi più industrializzati”.

Se i modelli di valutazione vengono promossi a pieni voti, Honsell rifiuta completamente la proposta di legge delega sullo stato giuridico. “Comprendo le esigenze di quantificare in modo più preciso gli obblighi didattici di docenti e ricercatori – ha ammesso Honsell – ma questo elementare ritocco dell’assetto del sistema non può avere come effetto la cancellazione del ruolo del ricercatore. Un contratto a termine – ha spiegato il rettore – soprattutto quando non c’è ancora una stabilità nel meccanismo di reclutamento dei professori, non può che allontanare i giovani più promettenti e raffreddare la passione per la ricerca di quelli più dedicati”. Perplessità anche sulla riforma del 509/99, che aveva introdotto le lauree triennali e specialistiche (il cosiddetto 3+2) negli ordinamenti didattici. “Apprezziamo le maggiori flessibilità del 270/04 – ha sottolineato Honsell – anche se a nostro avviso non era urgente rimettere mano all’impianto normativo del 509”. L’impegno dell’ateneo friulano nei confronti di studenti e famiglie, comunque, è quello di “rendere impercettibile ogni ulteriore modifica organizzativa strutturale, almeno fino a quando non saranno disponibili dati certi per valutare l’impatto delle trasformazioni operate a partire dal 2001”.

Gli obiettivi: internazionalizzazione e riorganizzazione. L’università di Udine conta oggi 10 facoltà e 28 dipartimenti, 43 corsi di laurea triennale e altrettanti di laurea magistrale, 18 master, 19 corsi di dottorato e 29 scuole di specializzazione. È distribuita su un campus diffuso a Udine, Pordenone e Gorizia e svolge attività a Cormons, Gemona, Cividale, Mestre, Tarcento, Gradisca, Tolmezzo, Lignano e Amaro. Lo scorso anno ha attivato la Scuola superiore, su modello della Normale di Pisa e ha avuto un ruolo fondamentale nell’avvio del Parco scientifico e tecnologico. Conta 667 docenti e 454 unità di personale tecnico-amministrativo. Attualmente sono presenti oltre 16 mila studenti e dalla sua nascita nel 1978 ad oggi ha creato ben 16.800 laureati. E’ impegnata nella valorizzazione dei rapporti con scuole e imprese. Nel 2004 ha vinto per la seconda volta consecutiva il Premio nazionale dell’innovazione Start Cup, promuove la nascita di spin-off e brevetti, punta a migliorare i servizi agli studenti utilizzando le nuove tecnologie multimediali, ha la più alta percentuale di studenti che studiano all’estero. Gli obiettivi per il 2005? Proseguire sulla via dell’internazionalizzazione (sono già stati realizzati importanti progetti in India e Cina) e operare una riorganizzazione interna che punti a “sfruttare la meglio tutte le spinte e idee innovative e creative di chi opera all’università”.

Il ruolo della Regione. Il rettore ha apprezzato il contributo dell’amministrazione regionale per i finanziamenti alla Scuola Superiore e al Parco scientifico e tecnologico, ma chiede di non interrompere il sostegno al corso di Scienze motorie di Gemona e al polo di Gorizia. Chiesto, infine, un contributo per i nuovi interventi previsti al polo scientifico dei Rizzi “che ha avuto uno sviluppo rapidissimo e attualmente ospita quasi 8 mila persone”.

Il futuro del Policlinico: prima il protocollo d’intesa poi l’azienda unica. Chiara la posizione del rettore sul futuro del Policlinico e sull’integrazione con l’Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia: “Prima che qualunque atto definitivo, che sancisca la scomparsa delle due aziende poer costituire un’unica azienda ospedaliero-universitaria, coerente con il decreto legislativo 517/99, è indispensabile che Regione e Università condividano e firmino il nuovo protocollo d’intesa, che definisca in modo inequivocabile il ruolo degli universitari nell’assetto della nuova azienda. La scomparsa del Policlinico universitario così come la facoltà di Medicina e il Friuli lo hanno conosciuto in questi 15 anni – ha concluso il rettore – è un sacrificio che siamo disposti a fare solo a fronte di garanzie che la qualità della nostra ricerca e didattica possa crescere”. Indispensabile, dunque, definire lo stato giuridico del personale, prima di procedere all’integrazione definitiva.

Gli studenti: Udine diventi una città universitaria. “Siamo ad un bivio: si tratta di valutare di Udine debba continuare ad essere semplicemente una città in cui è presente l’università, o se invece possa divenire a tutti gli effetti una città universitaria, in cui noi studenti possiamo diventare realmente risorsa vivace e preziosa, promotori di un dibattito aperto a 360 gradi”. È un appello tutto campo quello che Michele Lorenzon, presidente del Consiglio degli studenti ha rivolto oltre che all’Università, all’Erdisu, alla Regione, al Comune e alla Provincia di Udine, richiamando l’attenzione sull’”invasione” che da qualche anno ha interessato il capoluogo friulano, dove con l’università sono arrivati oltre 16 mila giovani. Cosa chiedono questi giovani? Attenzione all’associazionismo e dialogo con i docenti, ma soprattutto servizi sempre più attenti alle diversificate esigenze: apertura serale di aule studio e di informatica, estensione del servizio wi-fi a tutte le sedi, stampanti per i certificati amministrativi che evitino le code in segreteria, flessibilità dell’orario delle mense, nuove aule studio ai Rizzi, un autobus in più la sera dal polo scientifico dei Rizzi, attenzione alle ripercussioni della Ztl sulle sedi del centro storico.

Il personale tecnico-amministrativo: precariato e rinnovo del contratto i problemi più urgenti. Sono un centinaio i dipendenti, per lo più giovani neo-laureati, che lavorano all’università con un contratto a tempo determinato. Carla Bressani, rappresentante del personale tecnico-amministrativo, ha invitato a riflettere su questa nuova componente dell’università che, da 10 anni, ha affiancato gli altri attori, ovvero docenti, ricercatori, studenti e personale. Una situazione di incertezza, a cui si unisce l’annoso problema della retribuzione: gli stipendi dei dipendenti dell’Università sono tra i più bassi della pubblica amministrazione e il contratto collettivo nazionale è l’ultimo ad essere rinnovato. Quali le richieste del personale? Innanzitutto l’istituzione dell’indennità accessoria mensile, come previsto dal nuovo contratto. Poi una maggiore rappresentatività, in primis nelle elezioni del Rettore. Senza dimenticare una maggiore formazione, anche in settori specialistici e la verifica dell’organico, del carico di lavoro e delle procedure amministrative utilizzate. “Non accettiamo giudizi affrettati che considerano l’apparato di supporto poco elastico e poco efficiente – ha sottolineato Bressani -. L’università è pur sempre una pubblica amministrazione e deve garantire le formalità che nascono dalle norme di legge. Se la macchina di ausilio non è al passo con i tempo ciò è dovuto all’insufficienza di risorse umane e materiali”.

Illy: “L’impresa finanzi l’università”. “Sono molte le cose che l’università fa con le imprese, ma è ancora troppo poco quello che l’impresa fa per l’università. L’impresa deve investire nell’università, finanziando corsi di laurea e attività di ricerca”. È stato questo l’invito che il presidente della Regione, Riccardo Illy, ha rivolto al sistema economico, sottolineando anche la necessità di collaborazione fra le università della regione, perlomeno in alcuni settori. Uno su tutti: il turismo, dove anche la Regione sta tentando di realizzare un centro di eccellenza per manager e imprenditori unendo tutte le forse presenti in Friuli-Venezia Giulia. La Regione ha garantito il proprio impegno anche nel sostegno delle iscrizioni alle facoltà scientifiche e nel settore dell’innovazione. La consegna del premio regionale dell’innovazione, promosso dall’amministrazione regionale, si svolgerà al Parco scientifico e tecnologico di Udine, la cui nascita è stata finanziata dalla Regione. Illy ha anche ricordato l’aumento del 6% dei finanziamenti all’università nel 2005, il contributo di 150 mila euro per la Scuola superiore dell’ateneo friulano, la somma pari a 1 milione 200 mila euro sul Fondo sociale europeo e il sostegno per 300 iscritti ai corsi di master con una somma pari a 1 milione di euro.

Fisichella: “L’Università deve recuperare la razionalità”. È stato un richiamo al valore reale e profondo dell’università, contro il rischio di eccessiva aziendalizzazione, quello lanciato dal vicepresidente del Senatore professore universitario, Domenico Fisichella: “La parcellizzazione indiscriminata delle facoltà, la proliferazione dio improbabili corsi di laurea o insegnamenti più attenti ai particolarismi, spinte congiunturali, talora persino mode pseudo-intellettualistiche e pseudo-produttivistiche, tutto ciò non aiuta i giovani nella preparazione volta alla ricerca e acquisizione di sbocchi autenticamente professionali”. Il compito delle università, dunque, non va dimenticato e non può cambiare. “Esso consiste – ha ricordato Fisichella - nel formare élites professionali e sociali: più ristrette ieri, più diffuse oggi, ma sempre élites”. Fisichella non fa un richiamo esplicito alla legge sullo stato giuridico (“anche e soprattutto in ragione del mio ruolo istituzionale, non posso e non intendo interferire su tale terreno”), ma la sua posizione traspare chiaramente, quando sottolinea l’importanza della ricerca per chi sceglie la carriera universitaria. “Il docente universitario è anzitutto uno studioso, uno scienziato, poi un didatta e non viceversa– ha detto il vicepresidente del Senato -. La didattica è importante, ma è valida solo se l’insegnamento è preceduto e accompagnato da un vasto programma di studio e ricerca. Il legislatore che impone troppe ore di attività didattica – ha continuato Fisichella - forse non si rende conto che così facendo per un verso offre un alibi a quei docenti che non hanno più voglia di studiare, propinando insegnamenti stantii agli studenti, per un altro verso rende più difficile il lavoro di ricerca a quei professori – dovrebbero essere tutti – che ne avvertono il dovere”. Fisichella boccia poi sia l’eccessivo ricorso a docenti esterni che, seppur eccellenti professionisti, non possono conoscere i principi dell’accademia, sia l’accorpamento di troppo lezioni in due mesi e mezzo di insegnamento. E richiama l’università ad un recupero della razionalità, secondo alcuni principi di base: “costante aggiornamento, rifiuto della routinizzazione del sapere, curiosità che non si acquieta, senso della complessità teorica ed empirica, gusto inesauribile della ricerca, attitudine ai problemi, consapevolezza che la soluzione di un problema quasi mai è definitiva e comunque apre la strada ad altri problemi.

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