Sul campo, fra ottobre e novembre 2017, una missione di esperti e studenti
Conclusa la prima campagna di ricognizione archeologica in Libano settentrionale
Finora totalmente inesplorata, la zona ha rivelato la presenza di un enorme patrimonio dall’epoca preistorica a quella islamica
Finanziata dall’Università di Udine, dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, la campagna si è concentrata sulle città di Amioun, probabilmente l’antica Ammia citata dalle fonti di El Amarna, e Bishmizzine, forse la neo assira Bit Gismeia, e sulla ricognizione intensiva dello Wadi Hab, in prossimità della costa di Tripoli.
I dati ottenuti hanno rivelato la presenza di un enorme patrimonio storico-archeologico, con attestazioni che spaziano dal periodo paleolitico/mesolitico alle età del bronzo e del ferro, fino all’epoca tardo antica/bizantina e islamica/medioevale.
«Le attestazioni rinvenute – dice Marco Iamoni - fanno riferimento a insediamenti umani di vario tipo in un ampio arco cronologico e dimostrano la crucialità di questa regione, finora priva di indagini archeologiche di superficie. Il progetto potrà quindi affrontare in futuro molteplici tematiche inerenti l’archeologia del Levante: le relazioni costa-entroterra e la comprensione delle dinamiche di occupazione del territorio, che hanno visto nascere le società urbane cananee nel secondo millennio a.C. e la loro successiva fioritura con gli insediamenti fenici nel primo millennio a.C., l’interazione occidente-oriente in epoca ellenistica e di espansione romana, fino alla trasformazione del Levante durante l’epoca islamica».
Il Progetto archeologico Libano settentrionale è pluriennale e prevede almeno altre due campagne di ricognizione, la prima nel corso del 2018, e una campagna di studio dei materiali. La missione 2017 è stata condotta da Marco Iamoni, May Haider, Luigi Turri, esperto di geografia storica dell’Università di Verona, con tre studenti, uno dell’Università di Udine e due dell’Università di Tripoli.