Ricerca oncologica, borsa Airc per lo studio di un tumore raro
A una dottoranda del Dipartimento di Area medica, consentirà di potenziare la ricerca sul leiomiosarcoma per cui a oggi non esistono cure
Raro, altamente aggressivo, con elevata percentuale di metastasi e recidive, bassa sopravvivenza dei pazienti. In una sola parola, LMS. È infatti il Leiomiosarcoma, sottotipo di tumore maligno del tessuto muscolare liscio, la sfida del team di ricerca in Scienze biomediche e biotecnologiche del Dipartimento di Area medica (Dame) dell’Università di Udine. Grazie ad una borsa di studio assegnata dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) alla dottoranda Martina Minisini sarà dunque possibile, nei prossimi due anni, potenziare la ricerca su questo tumore raro, di difficile trattamento, comprendendone meglio i meccanismi di sviluppo e di controllo dell’aggressività.
«L’obiettivo del mio progetto, centrato sul Leiomiosarcoma uterino, è riuscire a trovare una cura alternativa facendo leva sul sistema immunitario così da potenziare le terapie standard». Ad anticiparlo è proprio la ventottenne, originaria di Maiano e al terzo anno del corso di dottorato in Scienze biomediche e biotecnologiche del Dipartimento di Area medica, mentre precisa che lo studio si focalizzerà in particolare sul ruolo di due proteine, HDAC (iston deacetilasi di classe IIa) e MEF2 (della famiglia di fattori trascrizionali myocite enhancer factor 2) che, nel contesto di un sottogruppo aggressivo di LMS, risultano up-regolate e quindi molto più presenti rispetto ai livelli standard, incidendo sul peggioramento della patologia e sullo sviluppo di un fenotipo maggiormente aggressivo. Intervenire dunque su questo asse, tramite specifici inibitori, permetterebbe di potenziare la risposta immunitaria dell’organismo rendendo più efficaci i trattamenti.
«Ciò che abbiamo riscontrato in precedenza nel laboratorio del Professor Claudio Brancolini è che il complesso formato da queste due proteine ha un effetto repressivo su alcuni specifici loci genici che fanno riferimento a geni immunomodulatori e a citochine – spiega la dottoranda, tra l’altro reduce da un’esperienza formativa di 6 mesi negli Stati Uniti presso un laboratorio di Immunologia – È già stato inoltre osservato che in modelli animali di cancro alla mammella e al polmone, per esempio, colpire l’asse HDAC-MEF2 tramite inibitori specifici stimola l’immunità antitumorale e i dati preliminari di cui disponiamo confermano effettivamente che la riduzione dell’espressione genica di MEF2A ha un impatto importante sulla proliferazione cellulare, determinandone una drastica diminuzione».
Un lavoro prezioso, dunque, quello sostenuto da AIRC e soprattutto «un impegno importante per far crescere una nuova generazione di esperti che si dedichino alla ricerca oncologica nel nostro Paese sostenendo un percorso che prevede esperienze formative presso laboratori dove si fa ricerca di qualità in campo oncologico e, nel nostro caso, di base – sottolinea Claudio Brancolini, professore ordinario di Biologia presso il Dame e coordinatore del team di ricerca impegnato da anni nel comprendere il ruolo di alcune modificazioni epigenetiche responsabili dell’aggressività del tumore e nell’identificare potenziali nuove molecole terapeutiche –. La selezione dei vincitori di queste borse di studio, tra le centinaia di domande presentate, è rigorosa e si basa esclusivamente sul merito. Punti di forza di Martina sono stati sicuramente le pubblicazioni, che la vedono co-autrice su prestigiose riviste scientifiche internazionali, l’esperienza di ricerca svolta negli Stati Uniti e l’intuizione alla base del progetto di ricerca proposto».