Le scoperte della nona campagna di scavi a Qatna

Siria: gli archeologi dell'Ateneo portano alla luce un palazzo di 4000 mila anni fa

Rinvenute collezioni di ceramica del XIII secolo a.C.
In corso la ricognizione della via carovaniera
che collegava il Mediterraneo alla Mesopotamia

Il monumentale Palazzo Orientale dell’antica città-capitale di Qatna, ora Tell Mishrifeh, nella Siria centrale, costruito all’inizio del secondo millennio a.C., è stato portato alla luce dagli archeologi dell’Università di Udine in collaborazione con i colleghi della Direzione generale delle antichità e dei musei della Siria. È questa la principale scoperta della nona campagna di scavo in Siria guidata dall’Ateneo friulano, iniziata ad agosto e appena conclusa. Nel sito di Tell Mishrifeh gli archeologi udinesi hanno inoltre rinvenuto collezioni di ceramica del XIII secolo a.C. e numerosi oggetti come intarsi in avorio e osso, sigilli, cretule con impronte di sigilli, elementi di gioielleria in pietre semi-preziose e oro, armi e ornamenti personali di bronzo. 

Il Palazzo apparteneva probabilmente a un membro della famiglia reale o ad un alto funzionario del regno. La parte finora scavata è costituita da oltre 25 vani, distribuiti attorno a una corte acciottolata lunga 16 metri e larga 10, che facevano forse parte del settore d’ingresso dell’edificio palatino. Fra i vani portati alla luce si trovano anche ambienti con funzioni domestiche come cucine e magazzini. Il palazzo si trova ad oriente di quello reale, l’edificio più alto della città, vero fulcro del potere della dinastia qatnita. «Le scoperte dell’ultima campagna sono notevoli – spiega il direttore degli scavi, Daniele Morandi Bonacossi, professore di Archeologia e Storia dell’arte del vicino oriente antico – perché per la prima volta consentono di comprendere l’impianto urbanistico della città antica nell’età del Tardo Bronzo, dal 1600 al 1200 a.C.».

Attorno al XVII secolo a.C. il Palazzo Orientale fu temporaneamente abbandonato e nei suoi vani vennero scavate le sepolture di una necropoli costituita da tombe in giare, con corredi rappresentati da vasi miniaturistici e oggetti personali in bronzo come, ad esempio, spilloni per fermare le vesti. Il Palazzo fu ricostruito nel XVI secolo a.C. per essere poi definitivamente abbandonato, forse a seguito del violentissimo incendio che, attorno al 1340 a.C., distrusse il Palazzo Reale probabilmente nel corso di una campagna militare ittita contro Qatna. Sopra il complesso palatino ormai deserto fu edificato un quartiere abitativo. Nelle case gli archeologi dell’ateneo friulano ha rinvenuto importanti collezioni di ceramica risalenti al XIII secolo a.C. che dimostrano come la vita nella città dopo la distruzione ittita sia continuata, sia pur su scala ridotta.

Nel corso della campagna in Siria è proseguita anche la ricognizione archeologica di superficie del deserto della Palmirena condotta dall’Università di Udine in collaborazione con la Direzione delle antichità e dei musei di Siria e l’Università di Milano. È il primo progetto di prospezione sistematica di una regione desertica ancora sostanzialmente sconosciuta, situata fra le oasi di Palmira e di Qaryatein, attraverso la quale, almeno fin dal III millennio a.C., passava la grande via carovaniera che collegava la Mesopotamia e la regione del Golfo Persico al bacino del Mediterraneo.

L’analisi di immagini satellitari ad altissima risoluzione ha già evidenziato l’esistenza di oltre 800 siti archeologici, datati fra il Paleolitico Medio (120.000-45.000 a.C.) e il Medioevo islamico, costituiti da insediamenti stagionali (accampamenti di pastori, trappole per la caccia di gazzelle, recinti per le greggi), ma anche da tumuli sepolcrali, villaggi, insediamenti fortificati e castelli romani e medievali. Imponenti, soprattutto, le strutture relative alla gestione dell’acqua: grandi cisterne, vasche, acquedotti e canali. L’acqua veniva portata ai siti dagli wadi (corsi d’acqua stagionali) o dalla falda acquifera attraverso canali sotterranei o strutturati (veri e propri acquedotti) lunghi anche chilometri, dove veniva poi raccolta in grandi bacini.

Esemplare e straordinario nella sua imponenza è, ad esempio, il caso della diga romana di Kharbaqah, uno sbarramento del corso di uno wadi nella parte occidentale della regione esaminata dagli archeologi udinesi. Costruita probabilmente nel I secolo d.C. con blocchi di pietra squadrata, alta 20 metri e lunga 345, formava un bacino idrico a monte. Verso il 728 d.C. il Califfo Hisham la fece trasformare in un acquedotto per portare l’acqua al castello di Qasr el-Hair el-Gharbi, una ventina di chilometri più a valle, e irrigare un’oasi artificiale con campi e giardini. 

 I lavori di scavo e di creazione di un parco archeologico a Mishrife/Qatna, e di ricognizione nel deserto della Palmirena, iniziati dall’Università di Udine nel 1999, sono condotti grazie anche al sostegno della Fondazione Crup e del ministero degli Affari Esteri, e proseguiranno nel 2008. Ad essi partecipano ogni anno anche numerosi studenti e dottorandi dell’Ateneo che vengono così formati sul campo nelle moderne metodologie e tecniche della ricerca archeologica.

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