Discussi a Roma i risultati della ricerca cui ha partecipato l’Ateneo

Reti di Pmi: motore di sviluppo del Pil e strumento di diffusione del benessere

Lo studio ha messo a confronto politiche, attori e problemi di Italia, Giappone e Argentina

La diffusione e la tenuta delle aree produttive costituite da piccole e medie imprese (Pmi) rimangono rilevanti ai fini della diffusione del benessere e della diversificazione delle catene di creazione di valore economico a livello di Paesi e aree regionali. Ma le politiche di settore, seppur motivate da esigenze di salvaguardia di tessuti produttivi e sociali a livello locale, possono essere criticate in quanto freno all’avvio di possibili ristrutturazioni innovative. È quanto emerso dal seminario “Lo sviluppo delle Pmi: politiche, attori e problemi: un confronto tra Giappone, Italia e Argentina” che si è tenuto presso l’Istituto Italo-Latino Americano a Roma, alla cui organizzazione ha partecipato anche il dipartimento di Biologia e economia agro-industriale dell’università di Udine.

«Gli studiosi e operatori provenienti dai tre Paesi che, nonostante la distanza geografica e la diversità dei loro percorsi storici, condividono una tradizione di imprenditorialità manifatturiera diffusa sul territorio, - dice Marina Schenkel, ordinario di economia applicata all’università di Udine, tra gli organizzatori del seminario - hanno analizzato da vari punti di vista i problemi che nascono dal riposizionamento dei pesi geoeconomici a livello mondiale e dalle sfide competitive sempre più aspre».

In particolare, riguardo alla constatata validità del mantenimento di aree produttive di Pmi, si è discussa anche la possibilità di esportare i modelli di aree a vocazione industriale consolidata nel tempo in contesti di più recente decollo industriale. Relativamente alle politiche di settore, percepite come difensive nei riguardi della concorrenza esterna e in parte frenanti per ristrutturazioni innovative, «i relatori – sintetizza Schenkel – hanno concluso che “politiche orizzontali”, se indifferenziate, possono spesso essere incapaci di selezionare imprese e opzioni migliori dal punto di vista delle opportunità innovative e delle esternalità positive coinvolte, oppure possono essere rivolte soltanto alle imprese già esistenti o maggiormente dotate e, quindi, risultare discorsive e ridondanti».

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