Gli archeologi friulani documentano uno dei primi omicidi della storia

È avvenuto nella città di Qatna quasi Quattromila anni fa
Lo scheletro dell’assassinato fra i 150 reperti
esposti per la prima volta in Siria

        Una statua in basalto di un re siriano del 1700-1600 a.C. seduto sul trono con il caratteristico “mantello siriano” a bordi rigonfi, 50 tavolette cuneiformi del 1800-1300, oltre 500 intarsi di avorio di elefante e corno di cervo che decoravano mobili pregiati. E poi ancora più di 200 cretule (ovvero sigillature in argilla) di cui circa 60 con impronte di sigillo cilindrico o di scarabeo, armi in bronzo, ceramica dipinta. Ma non solo. Oltre ai preziosi reperti ritrovati dagli archeologi dell’università di Udine, diretti da Daniele Moranti Bonacossi, ed esposti nella mostra archeologica “La città dell’Oronte. Arte e archeologia dell’antico regno di Qatna”, inaugurata lo scorso 29 settembre nello storico palazzo mamelucco dello Qasr Zahrawi di Homs in Siria e visitabile fino al 30 novembre 2005, c’è anche lo scheletro di uno dei primi assassinati della storia. La équipe italiana, costituita, oltre che da archeologi, da disegnatori, topografi, paleoantropologi e geomorfologi, ha così documentato un omicidio di Tremila anni fa. Si tratta di un uomo giovane, di circa 30 anni, alto 1 metro e 65, piuttosto muscoloso, vittima di un’aggressione avvenuta alle spalle, il cui scheletro presenta ferite mortali alla testa, inferte con una lama metallica, probabilmente un’ascia o una spada. 

        Fra il 1900 e il 1800/1700 a.C. circa, in quest’area vennero scavate numerose sepolture di adulti, inumati in fosse e accompagnati da semplici corredi di ceramica e da offerte di cibo. In qualche caso, sono presenti oggetti di corredo di bronzo, come spilloni per fermare le vesti. Assieme alle sepolture di individui adulti, sono state rinvenute anche tombe di bambini in tenera età (fra 1 e 6 mesi), deposti in giare e accompagnati da un corredo funerario in ceramica, tra cui compare anche un vasetto a forma di biberon. Si tratta di ritrovamenti e ricostruzioni molto interessanti, visto che documentano momenti significativi della vita dell’antica città. Sulla sommità dell’acropoli di Mishrifeh, inoltre, un sondaggio stratigrafico fino alla roccia vergine ha consentito – per la prima volta in Siria centro-occidentale – di ricostruire una sequenza completa di fasi insediative e materiali archeologici, che abbraccia l’intera vita del sito, dalla sua fondazione durante l’età del Bronzo Antico III al suo abbandono nell’età del Ferro. I lavori, infatti, sono caratterizzati da un approccio scientifico interdisciplinare, che mira a ricostruire la storia, le relazioni culturali e il contesto ambientale dell’antica metropoli. Le indagini geo-archeologiche, inoltre, hanno permesso di cominciare la ricostruzione dell’ambiente antico di Qatna: la città è stata fondata sulla riva di un lago alimentato da un sistema di risorgive carsiche. Il prelievo di campioni di sedimenti lacustri mediante carotaggi ha consentito di cominciare la ricostruzione della vegetazione del clima antichi attraverso lo studio dei pollini conservati in essi. 

        Anche la specificità della mostra, dunque, è quella di ricostruire e illustrare l’intera la vita di questo grande centro urbano in tutti i suoi aspetti: economia (attività tessile, agricoltura, produzione e conservazione del cibo, produzione di intarsi in avorio, manifattura di ceramica), commercio (ceramiche importate da Cipro, Micene, dalla Mesopotamia, Levante meridionale, vasi in calcite egiziani), amministrazione (tavolette cuneiformi con testi di carattere amministrativo, sigilli e cretule con impronte di sigilli), culto dei morti (tombe di adulti e bambini con corredi), arte (intagli in avorio, corno e osso, gioielli, metallurgia, sigilli). All’inaugurazione, che ha avuto un grande successo di pubblico, ha partecipato anche una delegazione dell’università di Udine formata dal rettore Furio Honsell, dal delegato agli Scavi archeologici Mario Fales e dal direttore degli scavi di Tell Misrifeh Daniele Moranti Bonacossi. Numerose le autorità che non hanno voluto mancare al taglio del nastro: Francesco Cerulli, Ambasciatore d’Italia in Siria, Mahmud Sayyed, Ministro della Cultura siriano, Bassam Jamous, direttore generale delle Antichità e dei Musei di Siria. 

        Si tratta della prima mostra archeologica sull’antica città di Qatna, oggetto di campagne di scavo da parte dell’ateneo friulano a partire dal 1999. Il sito di Tell Mishrifeh è oggi il più grande cantiere archeologico aperto in Siria e uno dei maggiori dell’intero Vicino Oriente: l’insediamento urbano è esteso su 110 ettari, circondato da un imponente sistema di terrapieni di fortificazione di un chilometro per lato che raggiunge ancora oggi un’altezza di 20 metri. Nell’esposizione, organizzata dall’ateneo friulano insieme all’università di Tubinga e alla Direzione generale dell’antichità e dei musei in Siria, sono esposti circa 300 oggetti che abbracciano l’intera storia del sito di Tell Mishrifeh dalla fondazione attorno al 2.600 a.C. al suo abbandono nel 700 a.C.: ben 150 reperto sono stati ritrovati dall’équipe scientifica dell’università di Udine che in questi anni si è avvalsa anche del contributo di oltre 50 studenti e dottorandi del corso di laurea in Conservazione dei beni culturali. Alcuni di questi reperti saranno esposti nel 2008 al Metropolitan Museum di New York nella grande mostra archeologica dedicata a Siria, Libano e Palestina nel II millennio a.C. 

        Molti reperti sono stati rinvenuti nel cosiddetto Palazzo della Città Bassa, una fabbrica palatina contemporanea al Palazzo Reale e alla ‘Residenza Monumentale’, ubicato 150 metri a nord-est da quest’ultimo e costruito in asse con la Porta Nord. Un sigillo cilindrico mostra il re in piedi dietro a due divinità sovrastate dal sole, con le mani alzate di fronte al viso. Tra di loro, si riconosce una piccola palma; alle loro spalle due sfingi sotto un leone. Di chiara natura regale è il più grande degli avori rinvenuti, un bellissimo viso umano in bassorilievo di eccellente fattura, con occhi intarsiati di calcare e cristallo di roccia, che è stato scelto come immagine per il cartellone della mostra. 

        Accanto ai lavori di scavo archeologico, inoltre, è stato iniziato un ampio programma di restauro e valorizzazione in chiave turistica dei resti del monumentale palazzo reale di Qatna. Il prossimo anno quesgto progetto sfocerà nella creazione di un grande parco archeologico di Qatna e del suo territorio, che renderà le rovine della città fruibili ai turisti. Per l’inaugurazione è stata approntata la prima parte del restauro del Palazzo, per il quale sono stati prodotti 150 mila mattoni crudi e sono stati impegnati al 150 operai. Il monumentale palazzo fu costruito verso il XVII-XVI sec. a.C. e il suo gigantesco sistema di fondazione, spesso, in alcuni settori, fino a quasi 10 m e profondo fra i 5 e i 7 metri, distrusse in maniera estensiva la sottostante e più antica necropoli. 

        La missione italiana a Tell Mishrifeh gode dell’appoggio e del finanziamento dell’università di Udine, del ministero dell’Università e della ricerca e delle Fondazioni Crup e Cariverona.

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