L’Università di Udine protagonista della ricerca nello spazio
Oltre 500 scienziati coinvolti, 30 milioni di euro di investimento

Il progetto MoMa migliorerà la vita agli astronauti e agli anziani

Tre anni di ricerche per realizzare farmaci anti-invecchiamento,
apparecchiature biomedicali innovative,
misure per prevenire gli effetti delle radiazioni

        Farmaci innovativi anti-invecchiamento, sviluppo di tessuto per trapianti, apparecchiature biomedicali innovative, misure di prevenzione contro gli effetti delle radiazioni, comprensione degli effetti della microgravità sull’organismo. Sono alcuni dei principali risultati che si propone MoMa, abbreviazione per indicare il progetto “Dalle molecole all’uomo: la ricerca spaziale applicata al miglioramento della qualità della vita della popolazione anziana”. Lo studio, che durerà tre anni e che vedrà l’Università di Udine protagonista in Italia nel settore della ricerca aerospaziale, è stato presentato dal rettore Furio Honsell in occasione della prima riunione di tutti i componenti del progetto. La ricerca è una delle tre approvate dall’Agenzia spaziale italiana nel settore della medicina e delle biotecnologie. Dopo anni di preparazione, il progetto è partito e vedrà il dipartimento di Patologia e medicina sperimentale e clinica dell’ateneo friulano, diretto da Leonardo Sechi, coordinare il team nazionale che comprende 538 scienziati, 38 istituzioni, 10 imprese (ovvero tutte quelle impiegante nel settore aerospaziale sul territorio italiano). 

        Numeri di tutto rispetto che serviranno per raggiungere un duplice obiettivo: sviluppare contromisure innovative per la salute degli astronauti in ambiente extraterreste e migliorare la qualità della vita degli anziani. Il progetto partirà con lo studio degli effetti dell’ambiente spaziale sulla struttura e funzione delle molecole bio logiche, sulla fisiologia umana e sulla funzione cellulare. Ma la ricerca avrà importanti ricadute anche dal punto di vista sociale, in particolare per trovare soluzioni ai problemi legati all’invecchiamento. Dal progetto sono attesi significativi ritorni anche in ambito strategico: spin-off industriali per lo sviluppo di biotecnologie cellulari e molecolari, strumentazioni per la diagnostica, la prevenzione ed il trattamento, collaborazioni internazionali, sviluppo della conoscenza e dell’eccellenza scientifica, occupazione qualificata. Per raggiungere questi obiettivi MoMa è stato suddiviso in 3 aree, che studieranno le biomolecole, le cellule, i tessuti e gli organismi e infine l’uomo, le radiazioni e le contromisure. Queste aree, a loro volta suddivise in 10 linee scientifiche, interagiranno con il settore imprenditoriale, che avrà l’obiettivo si sviluppare applicazioni biotecnologiche spaziali e strumenti scientifici. 

        La gestione del progetto è affidata al “project office” dell’Università di Udine: il professor Francesco Saverio Ambesi, ordinario di Patologia generale e ideatore di Moma, nella veste di coordinatore generale, sarà affiancato da Francesco Curcio, Antonella Meli, Anna Maria Zambito, Luigina Tonino e Gemma Geatti. Il project office coordinerà, fra gli altri, ricercatori provenienti da università italiane, come La Sapienza di Roma e la Federico II di Napoli, dal Cnr e dall’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro. Paradossalmente, questo progetto sull’invecchiamento avrà come scopo anche quello di contribuire a “svecchiare” la comunità scientifica nazionale: MoMa prevede infatti il finanziamento di 250 fra assegni e dottorati di ricerca, dimostrando un forte un impegno per la formazione di giovani ricercatori. 

        Il progetto ha un costo complessivo di oltre 30 milioni di euro, dei quali 14 milioni e mezzo a carico dell’Agenzia Spaziale italiana e i restanti 16 a carico della parte scientifica che comprende le università e gli istituti di ricerca presenti nel progetto e che saranno coordinati dall’Università di Udine. Il contributo dell’Agenzia spaziale italiana comprende anche i 5 milioni della parte industriale, ovvero delle 10 imprese partecipanti.

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