Convegno mercoledì 25 e giovedì 26 febbraio al polo dei Rizzi

Vertice dei cacciatori di terremoti all'Università di Udine

La situazione della crosta terrestre
dal Friuli all’Antartide
A confronto 140 geologi strutturali
italiani e stranieri

I risultati delle più recenti ricerche sulle deformazioni in atto nella crosta terrestre nell’area prealpina friulana, veneta e slovena occidentale, cui sono legati i terremoti, specie quelli del 1976 in Friuli o del 1998 nella valle dell’Isonzo, saranno presentati all’Università di Udine durante il “Convegno annuale del Gruppo italiano di geologia strutturale” in programma mercoledì 25, dalle 10.45, e giovedì 26 febbraio, presso il polo scientifico dell’ateneo, in via delle Scienze 205 a Udine. Apriranno i lavori gli interventi del rettore Cristiana Compagno e del coordinatore scientifico del convegno, Adriano Zanferrari, professore di Geologia strutturale all’ateneo friulano. All’incontro, organizzato dal dipartimento di Georisorse e territorio, parteciperanno 140 esperti italiani e stranieri di geologia strutturale, la scienza che studia l’“architettura” delle rocce che formano la crosta terrestre. Il tema più gettonato sarà appunto quello dei rapporti fra deformazioni crostali e terremoti, ma si spazierà dalla struttura del territorio italiano fino a quella dell’Antartide. Una sessione speciale sarà dedicata alla ricerca petrolifera. Venerdì 27 e sabato 28 febbraio, infine, gli studiosi effettueranno delle ricognizioni nell’area prealpina friulana per toccare con mano le strutture geologiche locali.
 
Nel corso dei lavori saranno anche presentate e utilizzate tre nuove mappe geologiche che rappresentano ampie porzioni delle province di Udine e Pordenone. Le mappe, chiamate Fogli geologici (“Udine”, “Maniago”, “San Vito al Tagliamento”), sono state realizzate presso il dipartimento di Georisorse e territorio dell’ateneo. L’opera è stata svolta sotto l’egida e con il finanziamento del Servizio geologico nazionale e della Regione Friuli Venezia Giulia. Le tre mappe ultimate, e il Foglio “Gemona del Friuli” giunto quasi al termine, fanno parte del Progetto Cartografia geologica e geotematica (Carg) volto alla realizzazione della nuova Carta geologica nazionale. Al progetto, che in Friuli è iniziato oltre dieci anni fa, hanno lavorato quasi una trentina di ricercatori di nove università italiane (oltre a Udine, Ferrara, Milano, Padova, Pavia, Roma La Sapienza e Roma Tor Vergata, Torino e Trieste) e straniere (Berna, Lubiana, Uppsala e Zurigo) oltre a specialisti del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dell’Agip.
 
Tra i risultati ottenuti va segnalata, in particolare, la caratterizzazione della faglia chiamata di “Susans-Tricesimo” lungo la quale ha avuto origine il terremoto del 6 maggio 1976. «È stata ricostruita la sua “architettura” in profondità – spiega Zanferrari – e definito il potenziale distruttivo massimo che potrebbe liberare in eventuali futuri terremoti». Un altro “fiore all’occhiello” del gruppo di lavoro coordinato dall’ateneo di Udine è stata la perforazione profonda 263 metri eseguita nella zona di Azzano Decimo (Pordenone). Grazie allo studio dettagliato della “carota”, il cilindro di roccia estratto metro dopo metro, è stata ricostruita la storia delle variazioni climatiche, ambientali e della vegetazione degli ultimi 500.000 anni nel territorio che ora chiamiamo pordenonese e portogruarese.
 
«L’assise, durante la quale saranno presentate 85 relazioni – sottolinea Zanferrari –, sarà un momento di confronto sui risultati degli studi più recenti dei geologi strutturali italiani e, in particolare, sui risultati delle nostre ricerche di quest’ultimo decennio da un gruppo di geologi del nostro ateneo». La geologia strutturale studia la disposizione delle rocce che formano la crosta terrestre e i loro rapporti in profondità. «Dal punto di vista applicativo – chiarisce Zanferrari – è utilizzata per individuare, anche a grandi profondità, la struttura di un giacimento minerario, compresi quelli petroliferi. Oppure per definire la struttura di una parete rocciosa, o di un versante, dai quali possono staccarsi delle frane, piccole o anche molto grandi». Grazie alla sismotettonica, una recente specializzazione della geologia strutturale, è inoltre possibile ricostruire in profondità la forma e le dimensioni di una faglia che può originare un importante terremoto e quindi stabilire quale potrà essere la magnitudo massima, cioè l’energia distruttiva, del sisma atteso.

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