Articolo pubblicato su Nature Nanotechnology

Nanotecnologie e ricerca e diagnostica in medicina e biologia

Nuovo biosensore per visualizzare in tempo reale movimenti di cellule e biomolecole con una sensibilità senza precedenti

 Un nuovo biosensore elettronico in grado di rilevare particelle e biomolecole in ambiente fisiologico potrebbe aprire nuovi orizzonti alla ricerca e alla diagnostica in campo medico e biologico. È il risultato dello studio pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, realizzato da ricercatori dell’Università di Udine e degli olandesi University of Twente, Wageningen University and Research Centre e NXP Semiconductors.

 
Le possibili applicazioni del nuovo biosensore spaziano dall’osservazione in tempo reale del comportamento delle cellule, per contribuire allo sviluppo di farmaci sempre più mirati ed efficaci, agli studi sul DNA oppure l’analisi in tempo reale della composizione di fluidi biologici, come ad esempio il sangue umano. Basato su tecnologie elettroniche miniaturizzate, il sensore si presta ad essere facilmente integrato in dispositivi elettronici portatili connessi in rete e può essere utilizzato per rilevare su scala micrometrica un’ampia varietà di biomolecole e acquisirne immagini elettroniche.
 
Autori dell’articolo - dal titolo “Real-time imaging of microparticles and living cells with CMOS nanocapacitor arrays - Visualizzazione in tempo reale di microparticelle e cellule viventi attraverso matrici di nanocondensatori in tecnologia CMOS” - sono Federico Pittino e Luca Selmi, del Dipartimento di ingegneria elettrica, gestionale e meccanica dell’Università di Udine, Cecilia Laborde e Serge Lemay dell’University of Twente, Harrie Verhoeven e Maarten Jongsma del Wageningen University and Research Centre, e Frans Widdershoven di NXP Semiconductors.
 
Nell’ambiente salino tipico del corpo umano i sensori elettronici convenzionali non riescono a rilevare particelle e biomolecole poste a distanze superiori a circa un nanometro (un miliardesimo di metro), perché i sali presenti attenuano, praticamente fino ad annullarlo, qualsiasi segnale elettrico di frequenza bassa.
 
«Le ridotte dimensioni degli elementi sensibili (nanoelettrodi) realizzati per il nuovo sensore – spiegano gli autori - consentono di raggiungere frequenze elevate di funzionamento. Questi segnali di frequenza elevata, diversamente da quelli usati nei sensori elettronici attuali, penetrano distanze molto superiori al nanometro anche all'interno di soluzioni fisiologiche. Di conseguenza il sensore ha la capacità di rilevare cellule e biomolecole nelle loro effettive condizioni ambientali, in modo puramente elettronico, con sensibilità senza precedenti e con una grande facilità di acquisizione e trasmissione dei dati».
 

Un ulteriore vantaggio delle ridotte dimensioni dei nanoelettrodi è, «la possibilità di realizzare – aggiunge Selmi - matrici molto dense di elementi sensibili che, un po’ come avviene per i pixel in una macchina fotografica, possono acquisire immagini elettroniche in tempo reale di oggetti biologici, come le cellule». Il sensore «è realizzato – sottolineano gli autori - con le moderne tecnologie microelettroniche, ossia la tecnologia CMOS, sostanzialmente la stessa con cui si fabbricano tutti i moderni circuiti elettronici integrati. Pertanto, analogamente a quanto avviene tuttora per microprocessori e memorie dei calcolatori, in linea di principio è possibile sia fabbricare molti campioni simultaneamente e dunque mantenere relativamente contenuti i costi del singolo sensore, che utilizzare i chip e i nanoelettrodi per analizzare contemporaneamente molti campioni biologici in tempi limitati».

 

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