È l’elemento mancante della teoria che spiega
la nascita dell’universo

Scoperta una nuova particella compatibile con il bosone di Higgs

Anche i fisici dell’Ateneo di Udine, guidati da Marina Cobal,
partecipano alla caccia alla “particella di Dio” con il super
acceleratore LHC a Ginevra

Scoperta al Cern di Ginevra una nuova particella compatibile con l’ipotesi del bosone di Higgs. «Abbiamo osservato una particella finora sconosciuta che potrebbe essere il tanto agognato bosone predetto nel 1964» spiega la professoressa Marina Cobal, coordinatrice del team di fisici dell’Università di Udine che ha partecipato alla scoperta effettuata grazie al super acceleratore di particelle LHC. I risultati della scoperta, presentati oggi a Ginevra, sono considerati ancora preliminari, ma vicini al momento della verità. Perché siano analizzati e interpretati in modo univoco, e pubblicati, bisognerà attendere solo qualche settimana.

I ricercatori dell’Ateneo friulano, oltre a Cobal, Carlo Del Papa, Mario Paolo Giordani, Simone Brazzale e Rachik Soualah, lavorano da anni - grazie al supporto dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare (INFN) - con centinaia di scienziati di tutto il mondo alla ricerca della “particella di Dio” nell’ambito dell’esperimento ATLAS. Esperimento che, assieme a quello denominato CMS, ha il compito di stanare la particella mancante del Modello Standard, la teoria che spiega quali sono i “mattoni” fondamentali dell’universo e come interagiscono tra di loro. 

Per arrivare a questo punto, presso l’acceleratore ginevrino sono state prodotte centinaia di collisioni fra miliardi di protoni per cercare di ricreare le condizioni esistenti un istante dopo la nascita dell’universo. Ed è proprio dall’analisi dei dati raccolti, nel 2011 e quest’anno, durante e dopo queste collisioni che si è potuto dedurre, quasi al cento per cento, l’esistenza di questa nuova particella non ancora identificata. 

«Se si tratta veramente del bosone di Higgs – specifica la professoressa Cobal – saranno necessari ulteriori studi per rispondere ad alcune domande fondamentali: davvero la nuova particella si comporta come è previsto debba fare l’ultimo elemento mancante della teoria chiamata Modello Standard? O è qualcosa di più strano?». 

Il Modello Standard descrive le particelle fondamentali con le quali noi, e tutta la materia che possiamo vedere, siamo composti, e le forze che agiscono tra queste particelle. «Tuttavia – spiega Marina Cobal –, noi siamo capaci di vedere solo circa il 4 per cento della materia che sembra costituire il nostro universo. Una versione “non Modello Standard” dell’ Higgs, potrebbe aiutarci a capire quel 96 per cento di universo che ancora ci è oscuro». Il gruppo di ricerca dell’Ateneo friulano ha già cominciato questi studi e, sottolinea Cobal, «un quadro più completo si avrà sperabilmente per fine anno, ma siamo sicuramente entrati in una fase estremamente eccitante del nostro lavoro».

Il gruppo di ricerca dell’Università di Udine è stata creato nel 1996 dal professor Carlo Del Papa e dal 2006 è guidato da Marina Cobal. L’equipe ha contribuito alla costruzione della parte più vicina alle collisioni dell'esperimento ATLAS, il cosiddetto rivelatore a Pixel. Attualmente sta lavorando all’aggiornamento di questa importante componente ed è impegnato in diverse analisi per la ricerca di “nuova fisica”, tra cui anche quella del bosone di Higgs. Fa parte del team anche un gruppo di fisici delle principali istituzioni scientifiche di Trieste, in particolare dell’Università (Claudio Verzegnassi), del Centro internazionale di fisica teorica – Ictp (Bobby Acharya, Kate Shaw, Muhammad Horoub e Umberto de Sanctis) e della Scuola internazionale superiore di studi avanzati - Sissa (Michele Pinamonti). Oltre ai fisici collabora anche un gruppo di ricerca di ingegneria elettronica dell'Ateneo friulano composto da Luca Selmi, Pierpaolo Palestri e Andrea Micelli.

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