Realizzata dall’associazione Cerkio e dalla cattedra
di Lingua e letteratura russa

Gli italiani in Crimea: un genocidio dimenticato

Mostra fotografica dal 2 al 9 aprile a palazzo Antonini

Crimea, gennaio 1942: duemila italiani emigrati nell’Ottocento nella penisola sul Mar Nero vengono deportati nei gulag staliniani in Kazakhstan. Di essi, nel dopoguerra, solo poco più di 200 riescono a tornare nella loro terra d’adozione: senza più nulla, nel terrore, ripartendo da zero. Una grande tragedia, poco conosciuta e caduta nell’oblio, che le cronache dalla Russia e dall’Ucraina di queste settimane riportano drammaticamente d’attualità. Grazie anche a “Il genocidio dimenticato. Gli italiani in Crimea”, la mostra fotografica sulla storia della piccola e orgogliosa comunità di connazionali rimasti in quella terra, sopravvissuti alle repressioni staliniane e loro discendenti, visitabile all’Università di Udine dal 2 al 9 aprile a palazzo Antonini a Udine (via Petracco 8), da lunedì a venerdì, dalle 8 alle 19, e sabato dalle 8 alle 13. 

L’esposizione è realizzata dall’associazione Cerkio che riunisce gli italiani di Crimea, organizzata dalla cattedra di Lingua e Letteratura russa dell’Ateneo friulano e patrocinata dal Comune di Udine. I curatori sono la presidente di Cerkio, Giulia Giacchetti Boico, e il vice direttore del giornale radio Rai, Stefano Mensurati. Il catalogo è stato realizzato, gratuitamente, dalla Libreria editrice goriziana (Leg) in collaborazione con l’associazione “L’uomo libero”.

La mostra. Un centinaio di foto, documenti e lettere (con testi illustrativi) raccontano i diversi momenti di vita di questa comunità, dal loro arrivo, tra fine ‘800 e inizio ‘900, fino ai nostri giorni, passando attraverso gli anni delle repressioni staliniane e la deportazione nel 1942 nel Kazakhstan. Si va dalle foto di famiglia di inizio Novecento dei nostri connazionali alle loro attività lavorative fino ai documenti segreti – venuti alla luce solo ora – che dimostrano senza ombra di dubbio che la pulizia etnica degli italiani fu un atto di rappresaglia premeditato. Inoltre, immagini più attuali presentano le attività dell’associazione Cerkio. Il ricavato della vendita del catalogo (al prezzo simbolico di 5 euro a copia) andrà all’associazione per aiutare concretamente le poche famiglie di origine italiana ancora presenti in Crimea. Partita con successo da Venezia, la mostra è stata esposta anche a Trieste e, dopo Udine, andrà in Piemonte.

L’inaugurazione si terrà mercoledì 2 aprile, alle 18, nell’aula 7 di palazzo Antonini. In apertura i saluti del rettore Alberto Felice De Toni e del sindaco di Udine Furio Honsell, e l’introduzione di Rosanna Giaquinta, docente di Lingua e Letteratura russa all’Ateneo friulano. Seguirà la proiezione del documentario “Puglia oltre il Mediterraneo” del giornalista Rai, Tito Manlio Altomare. Interverranno quindi, la presidente dell’associazione Cerkio, Giulia Giacchetti Boico, in collegamento web con la Crimea, e Fulvio Salimbeni, docente di Storia contemporanea all’Università di Udine. Coordinerà i lavori Stefano Mensurati, vice direttore del giornale radio Rai, che illustrerà la storia e l’attuale situazione degli italiani in Crimea, oltre a presentare il documentario e a spiegare il significato e le finalità della mostra.

La storia: dalla tragedia alla speranza ai timori. Tra fine ‘800 e inizio ‘900 migliaia di italiani emigrarono in Crimea stabilendosi, soprattutto, nella città portuale di Kerč. L’inserimento nel tessuto locale avvenne senza difficoltà e in pochi decenni la comunità divenne una delle più prospere della penisola. Con la rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917 cambiò tutto in peggio. Chi intuì il dramma incombente tornò in Italia, per tutti gli altri fu l’inizio di un’odissea. Prima la collettivizzazione con l’esproprio di tutti i beni, poi le carestie che mieterono lutti in tutte le famiglie. Ma il peggio arrivò con le purghe staliniane del ‘37-‘38 (condanne a morte e lavori forzati) e le deportazioni di massa del gennaio 1942. A Kerč 2000 italiani prelevati e portati nei gulag del Kazakhstan come ritorsione all’invasione dell’Unione Sovietica delle truppe tedesche e italiane. Le terribili condizioni di vita e di lavoro decimarono gli italiani. Nel dopoguerra circa 200 superstiti riuscirono a tornare a Kerč dove, senza più nulla e con enormi sacrifici, dovettero ripartire da zero e con il timore di parlare italiano ed essere segnalati come traditori. Dopo la scomparsa dell’Urss nel 1991, iniziarono i primi contatti con le nuove autorità ucraine e con i diplomatici italiani. Ma senza grandi risultati, con un’attenzione scarsa ed episodica verso di loro. Solo in questi ultimi anni le cose sono un po’ cambiate, grazie soprattutto all’associazione Cerkio che con la sua opera ha ridato la speranza agli italiani di Crimea. Speranza che gli ultimi sviluppi della crisi tra Russia e Ucraina hanno rimesso in discussione. «Eppure – spiega Giulia Giacchetti Boico, presidente dell’associazione Cerkio – basterebbe davvero poco per restituire la fiducia nel futuro a questa minuscola comunità così fiera delle sue origini, una comunità che nonostante le sofferenze patite porta l’Italia sempre nel cuore».

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